A cura di Ignazio Fanni
Molto toccante anche la testimonianza della signora Angelina Palmas nata a Samassi il 20 settembre del 1924 ed allora diciannovenne.
"Io"
racconta la signora Palmas
"mi trovavo a casa dell’ingegner Porcedda, in via Porru Bonelli,
assieme ad una mia amica, con la quale mi dovevo recare nella campagna
appunto dell’ingegnere,” a poni patata”. Il pomeriggio
era bello e sulla strada c’erano molte persone, adulti e bambini,
quando all’improvviso dalla montagna sbucarono questi aerei. In
un attimo la tragedia si compì, davanti a me si presentarono delle
scene orribili:
ho visto il sangue scorrere a fiumi, mi ricordo di un uomo aggrappato
ad un albero quasi senza gambe, con il sangue che gli usciva dalle ferite
in modo esagerato;
mi ricordo di una bambina con il vestitino bianco buttata per terra e
tanta altra gente in terra morta ,mi ricordo delle grida della gente,
di chi urlava per le sofferenze corporali, di chi gridava invocando i
nomi dei propri cari cercandoli tra quelli rimasti feriti o tra quelli
esanimi in terra."
La signora Palmas perse la sorella Rosetta di 20 anni,
morta in via Porru Bonelli, non molto distante da dove si trovava lei,
schegge delle cosiddette bombe a frammentazione l’avevano colpita
in varie parti del corpo procurandole una morte quasi immediata.
Anche lei l’aveva cercata tra le persone colpite trovandola però
priva di vita, anzi la stessa signora Angelina rischiò seriamente
di essere centrata dalle schegge e solo per fortuna non ne venne investita.
La signora Palmas ci racconta inoltre un episodio curioso accaduto alla cugina di suo marito, la signora Lina Matta.
Una di queste bombe cadde in casa sua in via Marconi, sfondò
il tetto e si adagiò nel letto senza esplodere, probabilmente difettosa
oppure perché il letto ne aveva ammortizzato la caduta non permettendo
al detonatore di funzionare.
“Chissà!! Forse un miracolo” dice la signora.
Altra testimonianza interessante è quella fornita
dalla signora Rosina Littera che nel 1943 aveva 5 anni.
La signora Littera nel bombardamento perse la madre Annetta Mallica ,
morta a Cagliari in ospedale in seguito alle ferite riportate, la quale
oltre a Rosina lasciò sola anche l’altra figlia più
piccola di appena un anno.
“Fiada scapendi a pei”
dice la signora Rosina.
“Al rumore degli aerei fummo portati dentro casa aiutati dalle persone
che erano lì presenti, purtroppo mia madre fu raggiunta da una
scheggia, nonostante lei si trovasse in quel momento in cucina.
Lo spezzone le procurò una ferita in seguito alla quale morì”.
La signora Rosina racconta che al momento del bombardamento, lei, sua
madre e la piccola sorellina, si trovavano nel cortile della loro casa
vicino al fiume (rio Piras), nell’attuale Via Cagliari, in compagnia
di altre persone e pare che la madre portasse per mano la sorella più
piccola che oltretutto ancora allattava ancora al seno.
C’è da aggiungere che la signora Annetta Mallica fu anche
seppellita a Cagliari nel cimitero di S. Michele.
Ad avere cura della piccola Rosina e di sua sorella fu, con grandi sacrifici,
la nonna materna in quanto il padre, militare, fu fatto prigioniero e
tornò dopo circa 5 anni dopo la conclusione della guerra, quando
la signora Rosina aveva circa 10 anni.
Preziosa pure la testimonianza del professor Enrico Casti, che conserva un reperto forse unico dell'evento.
Infatti, ci ha autorizzati a fotografare la famigerata bomba a frammentazione che tanta tragedia ha provocato tra gli abitanti di Gonnosfanadiga.
Si tratta proprio di una di quelle del 17 febbraio 1943 rimasta quasi integra.
Per la cronaca anche il signor Casti perse un familiare durante il bombardamento, si trattava di sua sorella minore Laura di appena 11 anni, ferita assieme ad un fratello.
La piccola Laura morì qualche giorno dopo all’ospedale di Cagliari a causa, appunto, delle infezioni alle ferite riportate durante il bombardamento del 17 febbraio.
Bomba
a frammentazione del tipo M41.
Dalla foto si notano due distinte parti che costituiscono gran parte della
bomba:
una che assomiglia ad una grossa molla che “stirata” raggiungeva
la lunghezza di circa 2,5 m e che praticamente costituiva la parte che
si frammentava in piccolissime schegge, dalle dimensioni di un dado da
gioco, come se fossero tantissimi proiettili sparati nello stesso istante,
l’altra di forma cilindrica dentro la quale stava l’esplosivo
che serviva appunto per far esplodere la bomba.
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