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VILLACIDRO: UN PO' DI STORIA

A cura di Ignazio Fanni
potecariu

L'AEROPORTO DI TRUNCONI - S'ACQUA COTTA I
1943

Il Bombardamento del 17 febbraio di Gonnosfanadiga
Le testimonianze dei reduci - 2 -
Interviste di A. Lilliu con la collaborazione di G. Piras





Intervista alla signora GIUSEPPA FLORIS (nota Peppina) nata a Gonnosfanadiga il 01-05-1930.

La signora Peppina, all’epoca aveva 13 anni, racconta che al momento del bombardamento si trovava presso la casa del sig. Tomasi situata in via Della Fontana proprio a fianco della sua.
Si trovava in quella casa perché doveva lavorare a maglia con i ferri da calza, dato che in quella casa era presente il telaio per lavorare la lana grezza.

Giuseppa FlorisQuesto fatto probabilmente - racconta sempre la signora Peppina - mi ha salvato la vita, tanto è vero che recatami, subito dopo il passaggio degli aerei, a casa, trovai in mezzo ad un denso fumo nero mia madre per terra in un lago di sangue.

Mi ricordo che il fumo era talmente nero e denso da non riuscire a vedere niente intorno a me tanto che mi accorsi della presenza di mia madre solamente quando la urtai con i piedi .
Lei, come ho detto, era in terra piena di sangue tanto che anch’io nel tentativo di sollevarla da terra mi imbrattai del suo sangue.

Questo fatto - continua la signora Peppina - mi procurò uno spiacevole imprevisto infatti, delle persone vedendomi sporca di sangue e quindi pensando che io fossi ferita mi caricarono sopra di un camion messo a disposizione per il trasporto appunto dei feriti, e solo dopo varie mie concitate grida fui fatta scendere dal camion stesso.
Purtroppo mia madre morì dopo circa un’ora e le uniche parole che disse furono rivolte alla sorella, parole che ancora oggi ricordo perfettamente:
"Basami sorri mia seu morrendumi castiami is fillus miusu".

La madre della signora Peppina si chiamava Piras Rosa ed aveva 38 anni e oltre a Peppina lasciò altri tre figli e il marito che al momento stava lavorando nella miniera di Montevecchio.

 


Singolare la testimonianza del sig. ANTONIO SIBIRIU, nato a Gonnosfanadiga il 12-01-1930, che all’epoca del bombardamento aveva 13 anni.
Il tragico giorno egli stava lavorando assieme al padre muratore in una zona del paese non colpito dal bombardamento non subendo, quindi, danni fisici .
Accorso, come tutti, nei luoghi della “morte” gli si presenta davanti uno spettacolo raccapricciante, una vera e propria carneficina come lui stesso l’ha definita.
Vide numerosi morti e feriti tra cui la madre, Pinna Giuseppina nota Peppina, ferita in via Guglielmo Marconi mentre si recava a prendere la razione di pane tramite tessera.

La madre venne portata a Cagliari all’ospedale in cui morì il giorno dopo, essa aveva 51 anni.

Il fatto curioso che vede protagonista il sig. Sibiriu si svolge il giorno dopo, il 18, che lui stesso così racconta:

Il 18 febbraio mio padre si recò, con il carro trainato dal cavallo, alla stazione ferroviaria di San Gavino per prendere il treno con destinazione Cagliari e fare così visita a mia madre che si trovava appunto all’ospedale per le gravi ferite riportate durante il bombardamento.
Io, che dovevo restare in paese, seguii invece mio padre, a piedi e senza che lui se ne potesse accorgere fino alla stazione di San Gavino dove, scopertomi e non potendo rimandarmi indietro, mi portò con lui fino a Cagliari.
Purtroppo all’ospedale trovammo la mamma morta.

Mi ricordo inoltre che assieme ai feriti di Gonnosfanadiga vi erano, in ospedale, anche i feriti del bombardamento su Cagliari avvenuto lo stesso giorno e cioè il 17, ed io fui “arruolato” per identificare i morti di Gonnosfanadiga soprattutto per quanto riguardava i bambini.”

Un’altra storia riguarda la signora ANNIVA SABA, nata a Gonnosfanadiga il 26-04-1932 e che quindi all’epoca aveva circa 11 anni.
In quel momento lei si trovava nel cortile della sua casa, in vico Cagliari, assieme ad atre persone quando improvvisamente comincia la tragedia.

Lei si ritiene, sue parole testuali,
”miracolata”
in quanto subito dopo i primi bombardamenti, fu praticamente trascinata dentro casa da una sua vicina , e questo le ha sicuramente salvata dalla pioggia di bombe cadute nel cortile di casa sua e che è costata la vita ad una sua amica che, purtroppo, si è attardata nell’entrare dentro casa.
La sua amica si chiamava Francesca Maccioni ed aveva 16 anni.

Altra testimonianza della signora MATILDE LECIS
che allora, bambina di 5 anni:
si trovava a giocare in strada con altri bambini quando, all’improvviso, caddero giù quelle cose che seminarono morte e distruzione.
Le bombe caddero così vicino a lei che lo spostamento d’aria provocato dagli scoppi fecero sė che la terra della strada andasse ad “attaccarsi” sulle gambe della piccola Matilde.

 

 

Debbo aggiungere che le persone da me intervistate, alla domanda sul tempo che faceva il giorno, tutte mi hanno più o meno allo stesso modo e cioè:

tempo piuttosto buono con alternanza di sole e nuvole.

Inoltre dalle testimonianze è emerso che gli aerei che hanno partecipato all’attacco erano circa una dozzina divisi in tre gruppi di 3 o 4 ciascuno, uno dei quali si diresse sull’attuale via Porru Bonelli ,
un altro sulla via G. Marconi
e
l’altro ancora lungo il rio Piras.

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