A cura di Ignazio Fanni
Intervista alla signora GIUSEPPA FLORIS (nota Peppina) nata a Gonnosfanadiga il 01-05-1930.
La signora Peppina, all’epoca aveva 13 anni, racconta
che al momento del bombardamento si trovava presso la casa del sig. Tomasi
situata in via Della Fontana proprio a fianco della sua.
Si trovava in quella casa perché doveva lavorare a maglia con i
ferri da calza, dato che in quella casa era presente il telaio per lavorare
la lana grezza.
Questo
fatto probabilmente - racconta sempre la signora Peppina - mi ha salvato
la vita, tanto è vero che recatami, subito dopo il passaggio degli
aerei, a casa, trovai in mezzo ad un denso fumo nero mia madre per terra
in un lago di sangue.
Mi ricordo che il fumo era talmente nero e denso da non riuscire a vedere
niente intorno a me tanto che mi accorsi della presenza di mia madre solamente
quando la urtai con i piedi .
Lei, come ho detto, era in terra piena di sangue tanto che anch’io
nel tentativo di sollevarla da terra mi imbrattai del suo sangue.
Questo fatto - continua la signora Peppina - mi procurò uno spiacevole
imprevisto infatti, delle persone vedendomi sporca di sangue e quindi
pensando che io fossi ferita mi caricarono sopra di un camion messo a
disposizione per il trasporto appunto dei feriti, e solo dopo varie mie
concitate grida fui fatta scendere dal camion stesso.
Purtroppo mia madre morì dopo circa un’ora e le uniche parole
che disse furono rivolte alla sorella, parole che ancora oggi ricordo
perfettamente:
"Basami sorri mia seu morrendumi castiami is fillus miusu".
La madre della signora Peppina si chiamava Piras Rosa ed aveva 38 anni
e oltre a Peppina lasciò altri tre figli e il marito che al momento
stava lavorando nella miniera di Montevecchio.
Singolare la testimonianza del sig. ANTONIO SIBIRIU, nato a Gonnosfanadiga
il 12-01-1930, che all’epoca del bombardamento aveva 13 anni.
Il tragico giorno egli stava lavorando assieme al padre muratore in una
zona del paese non colpito dal bombardamento non subendo, quindi, danni
fisici .
Accorso, come tutti, nei luoghi della “morte” gli si presenta
davanti uno spettacolo raccapricciante, una vera e propria carneficina
come lui stesso l’ha definita.
Vide numerosi morti e feriti tra cui la madre, Pinna Giuseppina nota Peppina,
ferita in via Guglielmo Marconi mentre si recava a prendere la razione
di pane tramite tessera.
La madre venne portata a Cagliari all’ospedale in cui morì il giorno dopo, essa aveva 51 anni.
Il fatto curioso che vede protagonista il sig. Sibiriu si svolge il giorno dopo, il 18, che lui stesso così racconta:
Il
18 febbraio mio padre si recò, con il carro trainato dal cavallo,
alla stazione ferroviaria di San Gavino per prendere il treno con destinazione
Cagliari e fare così visita a mia madre che si trovava appunto
all’ospedale per le gravi ferite riportate durante il bombardamento.
Io, che dovevo restare in paese, seguii invece mio padre, a piedi e senza
che lui se ne potesse accorgere fino alla stazione di San Gavino dove,
scopertomi e non potendo rimandarmi indietro, mi portò con lui
fino a Cagliari.
Purtroppo all’ospedale trovammo la mamma morta.
Mi ricordo inoltre che assieme ai feriti di Gonnosfanadiga vi erano, in
ospedale, anche i feriti del bombardamento su Cagliari avvenuto lo stesso
giorno e cioè il 17, ed io fui “arruolato” per identificare
i morti di Gonnosfanadiga soprattutto per quanto riguardava i bambini.”
Un’altra storia riguarda la signora ANNIVA SABA, nata a Gonnosfanadiga
il 26-04-1932 e che quindi all’epoca aveva circa 11 anni.
In quel momento lei si trovava nel cortile della sua casa, in vico Cagliari,
assieme ad atre persone quando improvvisamente comincia la tragedia.
Lei si ritiene, sue parole testuali,
”miracolata”
in quanto subito dopo i primi bombardamenti, fu praticamente trascinata
dentro casa da una sua vicina , e questo le ha sicuramente salvata dalla
pioggia di bombe cadute nel cortile di casa sua e che è costata
la vita ad una sua amica che, purtroppo, si è attardata nell’entrare
dentro casa.
La sua amica si chiamava Francesca Maccioni ed aveva 16 anni.
Altra testimonianza della signora MATILDE LECIS
che allora, bambina di 5 anni:
si trovava a giocare in strada con altri bambini quando, all’improvviso,
caddero giù quelle cose che seminarono morte e distruzione.
Le bombe caddero così vicino a lei che lo spostamento d’aria
provocato dagli scoppi fecero sė che la terra della strada andasse ad
“attaccarsi” sulle gambe della piccola Matilde.
Debbo aggiungere che le persone da me intervistate, alla domanda sul tempo che faceva il giorno, tutte mi hanno più o meno allo stesso modo e cioè:
tempo piuttosto buono con alternanza di sole e nuvole.
Inoltre dalle testimonianze è emerso che gli aerei che hanno
partecipato all’attacco erano circa una dozzina divisi in tre gruppi
di 3 o 4 ciascuno, uno dei quali si diresse sull’attuale via Porru
Bonelli ,
un altro sulla via G. Marconi
e
l’altro ancora lungo il rio Piras.
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