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VILLACIDRO: UN PO' DI STORIA

A cura di Ignazio Fanni
potecariu

L'AEROPORTO DI TRUNCONI - S'ACQUA COTTA II
1943 - settembre II

L’aerodromo di Villacidro

Dopo l’otto settembre, nonostante la resa dell’Italia, la guerra continuava. Il nostro paese era, praticamente, diviso in due: una parte “liberata” e di fatto occupata dagli alleati, e una parte “da liberare” di fatto occupata dai tedeschi. Il fronte avanzava lentamente verso Nord e, dalle basi nord-africane, per gli alleati, diventava sempre più complicato raggiungere le nuove località da bombardare.
La Sardegna, abbandonata dalle truppe germaniche, poteva fornire le basi di partenza per una più agevole continuazione del conflitto da parte dell’aviazione alleata. A questo punto anche il campo di aviazione di Villacidro, avendo le piste sufficientemente lunghe per il decollo dei B-26, divenne di nuovo importante.

Infatti, volendo tagliare i rifornimenti alle truppe tedesche (che si stimava ricevessero l’85% dei loro approvvigionamenti attraverso rotaia) il B-26 era l’aereo ideale per procedere a una sistematica distruzione della rete ferroviaria italiana bombardando con precisione i ponti e i nodi ferroviari della penisola. E questa fu la maggiore attività (anche se non l’unica) degli aerei che partivano da Villacidro e che operavano secondo una precisa direttiva alleata emanata il 25 febbraio del 1943 :

“D’ora in poi la missione principale dei bombardieri medi consiste nel distruggere e bloccare il traffico ferroviario e stradale nemico con provenienza dall’Italia del Nord. In seconda istanza, i bombardieri medi attaccheranno anche i porti situati sulla costa Ovest dell’Italia.”

Riportato da Les Maurader Francais , pag.89.

Aeroporto di Villacidro: b26 al decolloDagli americani veniva definito aerodromo, un campo di aviazione con pista e hangar permanenti per il ricovero e la manutenzione degli aerei.
Il 6 novembre del 1943 un aereo con a bordo il capitano Richter ed alcuni collaboratori volò verso l’aerodromo di Villacidro dove non fu possibile posarsi perché la pista era impraticabile. Atterrò, invece, a Elmas da dove il gruppo proseguì in camion per Trunconi senza, tuttavia, riuscire a concludere molto.
Durante la presenza italo-tedesca il nostro aeroporto aveva subito alcuni pesanti bombardamenti da parte degli aerei americani e inoltre i tedeschi, prima della loro partenza, vi avevano interrato una grande quantità di bombe per renderlo inutilizzabile da parte degli alleati. E in effetti, al contrario di quelle di Decimo che potevano essere considerate ancora operative, le piste del campo di Villacidro erano praticamente inservibili.
L’indispensabile e radicale opera di bonifica fu affidata ai genieri del 51st Service Squadron che arrivarono a Trunconi l’8 novembre del 1943 e agli specialisti del 17° Group che arrivarono qualche giorno dopo . Però la pioggia rendeva quasi impossibile il lavoro e solo il 19 novembre un aereo poté tentare un atterraggio, ma sprofondò nel fango e dovette attendere qualche giorno prima di riuscire a ripartire.
Per riempire i crateri lasciati dalle bombe e per consolidare la pista, dalle miniere di S’Acqua Cotta furono trasportati vari camion di pietrame che conferirono alla pista un colore più scuro.
Tuttavia la bonifica, eseguita anche con l’ausilio di potenti elettromagneti, fu quanto mai difficile a cause del grande quantitativo di bombe e di frammenti metallici disseminati per tutto il campo. Infatti, pezzi di metallo appuntiti continuarono a emergere dal terreno, soprattutto dopo una pioggia abbondante, provocando scoppi di pneumatici e incidenti. E fino a qualche anno fa bombe sono state trovate durante lavori di aratura dei terreni in questione e, recentemente, il comune di Villacidro prima di iniziare i lavori dell’ippodromo che dovrà sorgere in quella zona, ha dovuto affidare a una ditta specializzata, una nuova bonifica del territorio.

La piana dove si trovava il campo di volo di Villacidro era

“un grande lago di polvere appiattito nella sua calura, senza ombra, senza respiro e senz’acqua. E’ una pianura immensa e nuda, distesa sotto il sole torrido dell’estate sarda. Qui, su una terra dissecata, calcinata sino all’osso, i cespugli spinosi e gli ulivi stentati non possono opporre al vento torrido altro che la scarsa ombra di un rado fogliame.” ……..Nella pianura qua e là dei centri abitati “ma noi vivevamo, loro e noi , in due mondi separati da secoli. Essi si trascinavano in un’esistenza vegetativa, al margine degli avvenimenti che appena li sfioravano. Lì c’erano stati i tedeschi…..Rimpiazzati dagli americani e dai francesi , che importa anche questi stranieri partiranno a loro volta………C’erano anche Decimomannu e Villacidro, i due campi di volo vicini, ugualmente rasi, ugualmente pelati,
ugualmente desertici. Le loro piste dure si stendevano nella landa senza il minimo ostacolo per un raggio di dieci chilometri. Piatte e dritte, ormeggiate in seno agli increspamenti della campagna……hanno un qualcosa di duro e artificiale che contrasta con la morbidezza del paesaggio circostante.

(Testimonianza del capitano francese George Courtin, riportata da Les Marauders Francais, pag.67)

Aeroporto Villacidro: la piana in cui  esisteva la pistaIn questa piana, gli americani avevano costruito due piste immense, una per loro e l’altra per i francesi, a qualche chilometro l’una dall’altra. Le due bande lunghe più di due chilometri, in terra battuta con una massicciata di pietre che i genieri americani avevano trasportato dalle vicine miniere di S’Acqua Cotta, avevano una colorazione nera, dovuta alle tonnellate di olio usato che ogni giorno le autobotti statunitensi vi riversavano nel vano tentativo di imbrigliare la polvere. Ma dopo qualche decollo la crosta superficiale si sgretolava e gli altri aerei sollevavano mostruose nuvole di polvere rossastra. Erano piste in terra battuta molto larghe e molto lunghe...
“Quando il vento soffiava longitudinalmente o non soffiava per niente, cosa abbastanza frequente, il decollo diventava un incubo. Gli aerei si allineavano l’uno dietro l’altro a ciascun lato della pista molto larga. Lo starter, in mezzo alla pista, il cronometro in una mano, un drappo rosso nell’altra, dava il via alternativamente a destra e a sinistra ogni 15 secondi. Dopo il secondo o il terzo decollo , non si vedeva più niente, e abbastanza difficilmente anche lo starter, ma al momento dovuto il suo drappo rosso si abbassava, i 4.000 cavalli dei “Pratt and Whitney “ (i motori dei B-26 N.d.T.) venivano liberati e il pilota, gli occhi incollati sull’indicatore di direzione, attendeva l’uscita dalla nuvola di polvere mentre il secondo pilota regolava la potenza e controllava la meccanica. Infine, quando si emergeva dalla nuvola di polvere un altro, ben più grave pericolo attendeva i piloti: con i loro aerei caricati al massimo di carburante, di bombe e di munizioni, in presenza di temperature torride, era la turbolenza degli aerei che avevano appena decollato.
E ogni volta era come giocare a testa o croce, con delle perdite di controllo durante le quali uno poteva solo sperare che non durassero troppo a lungo. Per evitare questi problemi oggi, gli aerei di linea, rispettano degli intervalli di due minuti. Per evitare questi problemi a Decimomannu, dove la larghezza della pista lo permetteva, gli americani facevano decollare contemporaneamente sei aerei affiancati: tecnica che evitava il problema della polvere e della turbolenza, facilitava il raggruppamento ma richiedeva un grande allenamento e un pilotaggio molto preciso”.

(Da: le “Bretagne”, di Jean Moine, su Icare, Le Debarquement, tome 3, pag. 91 e 94)

Il campo di volo era controllato a vista da sentinelle armate e pattugliato dalla Military Police, per prevenire eventuali atti ostili da parte di soldati sbandati e soprattutto dei paracadutisti della Nembo che si aggiravano ancora nella zona. Tuttavia non si ebbero mai grossi problemi, al massimo qualche furto attribuito ai “nativi” o proprio ai paracadutisti italiani.
Contro improbabili attacchi aerei nemici, a difesa del campo e degli aerei c’erano le batterie antiaeree degli ACK ACK Boys.
Più che con atti ostili gli americani dovettero fare i conti con gli incendi che, arrivata l’estate, i contadini e i pastori villacidresi non avevano perso l’abitudine di appiccare, incuranti degli americani, dei loro aerei e dei loro depositi di bombe e di carburante. Dopo i primi spaventi, dopo i primi interventi per spegnere gli incendi delle stoppie intorno al campo, dopo aver scavato dei solchi tagliafuoco con i bulldozer, finalmente il comando americano decise che era meglio far tagliare l’erba. Furono mobilitati i soldati italiani alle dipendenze degli statunitensi e il problema fu brillantemente risolto.
In prossimità della pista era accampato il 51st Service Squadron che forniva assistenza tecnica agli aerei: manutenzione, riparazione, rifornimento di carburante ecc..
Aeroporto di Villacidro: attendamenti USAAFIl 51° si occupava anche della gestione delle terme di S’Acqua Cotta dove erano state erette due costruzioni con più di 50 docce delle quali usufruivano non solo i soldati della base di Villacidro ma anche quelli della base di Decimo, per un totale di oltre 3.000 uomini. 51st Service Squadron, Medical History
Anche la potabilizzazione del punto di approvvigionamento dell’acqua per la base era affidata al 51°. Si trattava di un pozzo profondo, a circa cinque miglia dal campo dal quale, ogni giorno, venivano prelevati oltre 5.000 galloni d’acqua. 51st Service Squadron, Medical History

Per quanto riguarda il carburante, in un primo momento gli aerei venivano riforniti direttamente a Decimomannu, poi fu disposto un servizio di autobotti che facevano la spola tra da Decimo e Trunconi dove questo veniva stoccato nei depositi del campo. Dopo qualche tempo, fu, infine, costruito un piccolo oleodotto che da Decimo portava la benzina al campo di Villacidro.
Questa tubazione veniva pattugliata continuamente sia dai soldati americani che dai soldati italiani, quando ci si rese conto che i “nativi” vi facevano dei buchi per fare, a loro volta, rifornimento.
Il rifornimento, “gassing up ” , veniva effettuato da enormi autobotti e di notte, in modo che gli aerei fossero pronti per un eventuale missione del mattino successivo. Gli americani bombardavano di giorno mentre gli inglesi preferivano bombardare di notte, alla luce dei bengala.
Sempre in prossimità delle piste erano accampati anche gli artiglieri della 1067th Ordnance Company che, pure loro di notte, si occupavano della sistemazione delle bombe sugli aerei. Questo lavoro (il “ bomb loading” ) era molto faticoso e delicato anche se gli addetti avevano a disposizione speciali carrelli e appositi argani. Quando gli apparecchi, per un motivo o per l’altro, non potevano sganciare le bombe, al loro ritorno, queste venivano scaricate dagli aerei e riportate nei depositi.

“La compagnia di artiglieria ha i suoi problemi, questi giorni. I ragazzi caricano le bombe quasi ogni notte e spesso non riescono a iniziare prima delle 21 o delle 22 e terminano, quindi, a mezzanotte o anche più tardi. Ciò significa che perdono gran parte della notte perché poi devono stilare il loro rapporto come tutti gli altri reparti” Thunderbird, 27 gennaio 1944.
“Anche oggi gli addetti alle bombe hanno di che lamentarsi, e a ragione. Dopo aver caricato le bombe a frammentazione su 17 apparecchi ieri notte, stamattina è cambiato il tipo di missione e otto aerei sono stati disarmati e riarmati con bombe da 1.000 libbre. E, giusto per finire in bellezza, queste bombe alla fine non sono state neppure sganciate e a questo punto si può dire che i ragazzi si sono proprio rotti…”

Thunderbird, 2 settembre 1944

Aeroporto di Villacidro: b26 ThunderbirdPer coloro che dovevano partecipare alla missione del mattino, la giornata iniziava molto presto: “il sergente Meyers, l’altra notte è andato a letto alle 21,30. Verso le 22,30 un suo camerata l’ha svegliato dicendo che era l’ora del briefing (programmato per le 5 del mattino). Così Meyers è saltato giù dal letto, si è lavato la faccia, ha preso il suo mess kit e si è diretto verso la mensa (per fare colazione) prima di rendersi conto che erano solo le 22,30 e che era vittima di uno scherzo. Thunderbird, 22 agosto 1944.
Due ore prima della partenza gli equipaggi radunati in appositi spazi presso gli accampamenti dei quattro squadroni venivano raccolti dai camion che li portavano al campo.
Qui gli equipaggi di terra avevano già ispezionato gli aerei. I mitraglieri di bordo arrivavano all’aereo per primi, sistemavano di fianco al sedile i loro paracadute, controllavano le loro armi e munizioni prima di prendere posto e attendere l’arrivo del resto dell’equipaggio. Nel mentre i piloti e l’addetto alle bombe, partecipavano al briefing durante il quale venivano ragguagliati sull’obiettivo, l’avvicinamento, la quota, le condizioni meteo, la dislocazione della contraerea, le vie di fuga e altri dati riguardanti la missione. Una volta che tutti erano a bordo venivano fatti i vari controlli, obbligatori prima della partenza:

undici prima dell’avvio dei motori, quindici durante il riscaldamento dei motori, altri quattordici prima di decollare.

Da: Les Marauders francais , pag.48

Grande cura veniva messa dagli americani per lasciare, sempre, agli equipaggi una possibilità di salvezza in tutte le circostanze che potevano verificarsi durante una missione. L’addestramento prevedeva allenamenti per abbandonare l’aereo nel più breve tempo possibile. Cosa questa che non era estremamente agevole: due dei tre mitraglieri di coda erano i più avvantaggiati, mentre il terzo doveva scavalcare l’enorme apparecchio fotografico che era alle sue spalle; poiché le grandi eliche non permettevano, a coloro che erano sistemati nella parte anteriore dell’aereo, di uscire dall’alto o dai lati, l’unica via di scampo era costituita dal carrello della ruota sotto il muso dell’apparecchio.
Il secondo pilota doveva ribaltare il suo sedile, aprire una botola che gli permetteva di accovacciarsi sulla ruota e venire così espulso fuori dall’abbassamento del carrello manovrato dal primo pilota; a questo punto il bombardiere si lanciava a sua volta dalla botola e infine anche il pilota lasciava l’aereo per la stessa strada. I piloti avevano i paracadute alloggiati nello schienale dei loro sedili blindati (FOTO da thunderbird) mentre gli altri membri dell’equipaggio volavano indossando una bardatura che, in caso di necessità, avrebbe loro permesso agevolmente di agganciare il paracadute ventrale che stava di fianco al loro sedile.
In prossimità del nemico, per difendersi in qualche modo dalla contraerea, venivano indossati gli indumenti antiproiettile (contenenti delle lamine di acciaio speciale) e dei caschi di metallo.
Tra l’equipaggiamento c’era anche un apparecchio radio di emergenza (che funzionava per mezzo di una dinamo azionata da una manovella)

e una piccola borsa sigillata contenente soldi dei vari paesi sorvolati e carte geografiche con segnati i punti della costa dove eventualmente si poteva essere recuperati da sottomarini amici. Questa borsa chiamata escape aid fu ben presto soprannominata escapette dagli equipaggi francesi.

(L’unità elementare di volo era la pattuglia ( flight ), composta da quattro o sei aerei raggruppati in due formazioni triangolari procedenti a quote diverse. La posizione di ogni aereo (e quindi del suo pilota) nel flight era sempre la stessa: la posizione numero 1 era quella del leader, quella numero due alla sua destra e quella del numero tre alla sua sinistra. Gi altri tre aerei volavano a una quota leggermente inferiore e sfalsata rispetto al primo triangolo. Il numero quattro costituiva il vertice di questo secondo triangolo e avrebbe dovuto sostituire il numero uno nel caso questo fosse stato abbattuto. Il numero cinque e il numero sei stavano rispettivamente a destra e a sinistra del numero quattro. Ogni aereo doveva volare a circa 150 centimetri di distanza dal suo più immediato vicino, sia lateralmente che longitudinalmente.
Una formazione con aerei tanto vicini costituiva un obiettivo più piccolo e quindi più difficile da colpire (sia dalla caccia che dalla contraerea nemica) ma soprattutto consentiva un’enorme concentrazione di fuoco potendo disporre di 11 x 6 mitragliatrici pesanti.
In pratica il leader doveva concentrare la sua attenzione, oltre che sulla strumentazione di volo, solo su ciò che appariva davanti ai propri occhi attraverso il plexiglas del parabrezza, mentre i piloti degli altri aerei dovevano preoccuparsi di ciò che si trovava tra loro e il leader. La formazione era costituita , normalmente, da quattro flight, e più formazioni potevano essere mandate a bombardare lo stesso obiettivo con effetti terrificanti.

(Da: le “Bretagne” di Jean Moine, sulla rivista Icare, Le debarquement, tome 3, pagg.87-88)

Naturalmente la formazione da crociera era diversa da quella d’attacco. La formazione da crociera cercava di ottenere una disposizione ottimale degli aerei per offrire la massima protezione contro la caccia nemica, durante il volo di avvicinamento all’obiettivo. La formazione d’attacco si proponeva d’ottenere la maggiore concentrazione di fuoco sull’obiettivo e contemporaneamente la maggiore protezione contro la contraerea nemica. Ci si disponeva secondo questa formazione dal punto d’inizio dell’attacco (I.P.=Initial Point) a partire dal quale cominciava il bombing run.

L’aereo di testa, il leader, era fornito di un visore Norden ed era questo aereo che condizionava la buona riuscita della missione prendendo la direzione giusta e iniziando il bombing run al momento dovuto. Gli altri aerei si comportavano di conseguenza secondo i tempi scanditi da un intervallometro.

Da: Les Marauders Francais

Tuttavia, per essere preciso, il visore Norden doveva tenere inquadrato l’obbiettivo per almeno 15 secondi in volo rettilineo e a velocità costante ma, in queste condizioni si fornivano, alla contraerea tedesca, elementi sufficienti per indirizzare il tiro. Quindi, in presenza di contraerea nemica, gli aerei erano costretti a variare continuamente velocità, quota e direzione ed è per questo motivo che bisognava essere veramente allenati sia nell’uso del visore Norden che nel volo in formazione compatta.

Anche il raggruppamento degli aerei in formazione richiedeva una precisione assoluta e una grande padronanza del mezzo.
Alla partenza, ogni aereo del flight decollava 15 secondi dopo quello che lo precedeva. Raggiunta la quota di 1500 piedi sulla verticale del campo ogni aereo eseguiva una virata di 180°che lo portava ad avere il vento in poppa. Alla fine di tale virata tutti gli aerei del flight si trovavano automaticamente al loro posto. Poi, a loro volta, dopo una nuova virata di 180° , tutti i flight.dello squadron raggiungevano la loro posizione. Al segnale di un razzo tutta la formazione sorvolava il campo di volo, quasi in parata, e prendeva la direzione prestabilita.
Dopo di che avveniva l’incontro con eventuali altre formazioni , la prova delle armi di bordo per la quale gli aerei si disponevano in volo d’anitra, e l’incontro con i caccia di scorta.
Con ogni formazione decollavano anche uno o due aerei di riserva e la accompagnavano sino alla prova delle armi, pronti a sostituire eventuali aerei che non avessero superato il test. Nel mentre che i piloti eseguivano tutte queste manovre, gli altri membri dell’equipaggio, a loro volta, si preoccupavano di testare tutte le armi e le apparecchiature loro affidate.

Da: le “Bretagne” di Jean Moine, sulla rivista ICARE, Le Debarquement, tome 3, pagg. 84,85,86.87,88

Meccanici americati intorno a un motore di B 26Trascorse alcune ore, a seconda della distanza dell’obiettivo da bombardare, il personale di terra iniziava a portarsi ai bordi della pista con i mezzi antincendio, ambulanze e quant’altro potesse essere necessario in caso di emergenza. Il rituale dell’attesa iniziava molto prima che gli aerei apparissero, come una serie di puntini neri, all’orizzonte. Al suo primo apparire occhi ansiosi scrutavano la formazione per vedere se nei suoi ranghi ci fossero dei vuoti che avrebbero indicato che qualche aereo era stato abbattuto, e si aspettavano le segnalazioni con i razzi. Un razzo rosso indicava che c’era una situazione di emergenza mentre uno verde significava che tutto era andato bene.
Ogni aereo, oltre l’equipaggio di volo, aveva il suo equipaggio di terra che ogni giorno, prima del decollo degli aerei, faceva la manutenzione ordinaria dell’apparecchio, controllava le bombe appese nel ventre dell’aereo, ispezionava tutto l’aereo e si sincerava che ogni cosa fosse a posto per la missione. Tra gli equipaggi di terra e quelli di volo si stabiliva un particolare feeling ed era naturale che i primi attendessero con grande ansia il ritorno dei secondi.

A settembre del 1944 prima gli americani e poco dopo i francesi, si trasferirono dalla base di Villacidro in località più vicine al fronte.
Le campagne dove erano sorte le tendopoli dei vari squadroni vennero restituite ai legittimi proprietari e le varie costruzioni edificate dagli americani vennero subito smantellate per ricuperare materiale da costruzione.
Il campo di volo ritornò in possesso dell’aeronautica italiana ma fu abusivamente occupato da pastori di Villacidro.
L’aeronautica, che nel mentre aveva concesso lo sfalcio dell’erba a un tale Buccoli di Serramanna, il 4 agosto del 1945 si rivolse all’avvocatura di stato:

Cagliari,lì 4 AGO 1945
Alla R^ AVVOCATURA DISTRETTUALE DELLO STATO CAGLIARI
Ufficio Demanio - Prot. n°18/5792

O G G E T T O : (B/8-9) VILLACIDRO - Sfruttamento agricolo sull’Aeroporto.

e, per conoscenza: AL MINISTERO DELL’AERONAUTICA
Direzione Demanio - Sez. Demanio
R O M A

Si comunica a codesta R^ Avvocatura che in ottemperanza al dispaccio Ministeriale n°31038 del 18.VIII.1944 la scrivente in data 4.XI. 1944 indiva una trattativa privata per l’aggiudicazione della concessione dello sfalcio erba e del pascolo del Campo di Aviazione di Villacidro per il periodo 5 novembre 1944 / 30 settembre 1945.-
L’offerta migliore (£. 184.000,00) fu fatta dal Sig. BUCCOLI Luigi fu Francesco di Serramanna, che pur rimanendo aggiudicatario della concessione, non poteva entrare in possesso, perché ostacolato da pastori di Villacidro.-
Interessato il Comando Carabinieri Aeronautica della Sardegna per l’estromissione dei pastori che abusivamente fruivano della concessione in oggetto, si è avuto foglio che si allega in copia contenente il nominativo dei proprietari che hanno fatto pascolare il loro bestiame.-
Pertanto pregasi Codesta R^ Avvocatura Distrettuale voler esaminare la possibilità di citare in giudizio i pastori medesimi per il risarcimento dei danni nei confronti dell’Amm.ne Aeronautica.-

IL CAPOSEZIONZIONE
(Maggiore G.A.r.i. – Marongiu Ing. Agostino)


L’avvocatura rispondeva che spettava al Buccoli e non all’aeronautica, denunciare i pastori.

L’aeronautica replicava che il Buccoli, non essendo entrato in possesso del pascolo, si rifiutava di perfezionare il contratto. Ciò avrebbe arrecato un danno all’aeronautica che quindi si sarebbe dovuta rifare citando in giudizio o i pastori o il Buccoli.

A questa seconda nota l’avvocatura rispondeva che, stando così le cose, l’aeronautica avrebbe dovuto prima diffidare i pastori e se costoro avessero perseverato, li avrebbe potuti denunciare per pascolo abusivo.

Si riporta infine l’ultima nota dell’aeronautica all’avvocatura.

Cagliari,lì 17 NOV. 1945
All’ AVVOCATURA DISTRETTUALE DELLO STATO
C A G L I A R I
Ufficio Demanio - Prot. n°18/7785
OGGETTO : (B/8-9) VILLACIDRO – Sfruttamento agricolo sull’aeroporto.

In merito a quanto richiesto con la nota n°1169 – cons. 16168 Posiz. 30 / B del 10.XI.1945 di codesta Avvocatura, si comunica che i terreni già costituenti il Campo di volo di Villacidro sono stati restituiti alla Ditta proprietaria (Comune diVillacidro) sin dal 7 giugno 1945, in seguito a disposizione in tal senso avuta dal Ministero dell’Aeronautica.-
Inoltre il Comando Carabinieri Reali Aeronautica della Sardegna, con foglio n°6-50/11-1 dell’8.VI 1945 comunicava alla scrivente che da qualche tempo gli armentari di Villacidro non erano più tornati a pascolare sul campo, perché venuti a conoscenza che il BUCCOLI intendeva rivalersi contro di loro per il danno arrecatogli.-
Si rimane in attesa di conoscere l’ulteriore corso della pratica..-

IL CAPO SEZIONE
(Magg. G.A.r.i. – MARONGIU Ing. Agostino)

Il comune, quindi, riprese possesso dei terreni dell’aeroporto il 7 giugno 1945. Le cosiddette baracche (sorta di costruzioni mobili), gli hangar e quant’altro sparirono ben presto dal campo, quasi tutte le opere murarie vennero smantellate ad eccezione dei famosi paraschegge dei quali uno è stato incorporato in una costruzione e degli altri qualche rudere ancora può essere osservato, ai giorni nostri sulla destra (andando verso Cagliari) della statale 196. La pista si intravede ancora, per un piccolissimo tratto e ai bordi del campo sono ancora visibili le latrine alla turca e un pozzo. Quasi integri sopravvivono alcuni rifugi antiaerei.

Una volta rientratone in possesso il comune riprese ad affittare i terreni di Trunconi, secondo le antiche usanze, alternativamente ai pastori per pascolarvi gli armenti e ai contadini per seminarvi il grano. In anni più recenti detti terreni furono dati ad alcune cooperative delle quali due operano ancora mentre le altre hanno chiuso i battenti.
Ultimamente è stato deciso che su parte di essi sorgerà un ippodromo e quindi, dove una volta rullavano i bombardieri (strumenti di morte e di distruzione ma anche di liberazione dal nazi-fascismo) , vedremo galoppare i più pacifici cavalli che, ci auguriamo possano, contribuire a portare turisti e benessere nella nostra cittadina.

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