A cura di Ignazio Fanni
Dopo l’otto settembre, nonostante la resa dell’Italia, la
guerra continuava. Il nostro paese era, praticamente, diviso in due: una
parte “liberata” e di fatto occupata dagli alleati, e una
parte “da liberare” di fatto occupata dai tedeschi. Il fronte
avanzava lentamente verso Nord e, dalle basi nord-africane, per gli alleati,
diventava sempre più complicato raggiungere le nuove località
da bombardare.
La Sardegna, abbandonata dalle truppe germaniche, poteva fornire le basi
di partenza per una più agevole continuazione del conflitto da
parte dell’aviazione alleata. A questo punto anche il campo di aviazione
di Villacidro, avendo le piste sufficientemente lunghe per il decollo
dei B-26, divenne di nuovo importante.
Infatti, volendo tagliare i rifornimenti alle truppe tedesche (che si stimava ricevessero l’85% dei loro approvvigionamenti attraverso rotaia) il B-26 era l’aereo ideale per procedere a una sistematica distruzione della rete ferroviaria italiana bombardando con precisione i ponti e i nodi ferroviari della penisola. E questa fu la maggiore attività (anche se non l’unica) degli aerei che partivano da Villacidro e che operavano secondo una precisa direttiva alleata emanata il 25 febbraio del 1943 :
“D’ora in poi la missione
principale dei bombardieri medi consiste nel distruggere e bloccare il
traffico ferroviario e stradale nemico con provenienza dall’Italia
del Nord. In seconda istanza, i bombardieri medi attaccheranno anche i
porti situati sulla costa Ovest dell’Italia.”
Riportato da Les Maurader Francais , pag.89.
Dagli
americani veniva definito aerodromo, un campo di aviazione con pista e
hangar permanenti per il ricovero e la manutenzione degli aerei.
Il 6 novembre del 1943 un aereo con a bordo il capitano Richter ed alcuni
collaboratori volò verso l’aerodromo di Villacidro dove non
fu possibile posarsi perché la pista era impraticabile. Atterrò,
invece, a Elmas da dove il gruppo proseguì in camion per Trunconi
senza, tuttavia, riuscire a concludere molto.
Durante la presenza italo-tedesca il nostro aeroporto aveva subito alcuni
pesanti bombardamenti da parte degli aerei americani e inoltre i tedeschi,
prima della loro partenza, vi avevano interrato una grande quantità
di bombe per renderlo inutilizzabile da parte degli alleati. E in effetti,
al contrario di quelle di Decimo che potevano essere considerate ancora
operative, le piste del campo di Villacidro erano praticamente inservibili.
L’indispensabile e radicale opera di bonifica fu affidata ai genieri
del 51st Service Squadron che arrivarono a Trunconi l’8 novembre
del 1943 e agli specialisti del 17° Group che arrivarono qualche giorno
dopo . Però la pioggia rendeva quasi impossibile il lavoro e solo
il 19 novembre un aereo poté tentare un atterraggio, ma sprofondò
nel fango e dovette attendere qualche giorno prima di riuscire a ripartire.
Per riempire i crateri lasciati dalle bombe e per consolidare la pista,
dalle miniere di S’Acqua Cotta furono trasportati vari camion di
pietrame che conferirono alla pista un colore più scuro.
Tuttavia la bonifica, eseguita anche con l’ausilio di potenti elettromagneti,
fu quanto mai difficile a cause del grande quantitativo di bombe e di
frammenti metallici disseminati per tutto il campo. Infatti, pezzi di
metallo appuntiti continuarono a emergere dal terreno, soprattutto dopo
una pioggia abbondante, provocando scoppi di pneumatici e incidenti. E
fino a qualche anno fa bombe sono state trovate durante lavori di aratura
dei terreni in questione e, recentemente, il comune di Villacidro prima
di iniziare i lavori dell’ippodromo che dovrà sorgere in
quella zona, ha dovuto affidare a una ditta specializzata, una nuova bonifica
del territorio.
La piana dove si trovava il campo di volo di Villacidro era
“un grande lago di polvere
appiattito nella sua calura, senza ombra, senza respiro e senz’acqua.
E’ una pianura immensa e nuda, distesa sotto il sole torrido dell’estate
sarda. Qui, su una terra dissecata, calcinata sino all’osso, i cespugli
spinosi e gli ulivi stentati non possono opporre al vento torrido altro
che la scarsa ombra di un rado fogliame.” ……..Nella
pianura qua e là dei centri abitati “ma noi vivevamo, loro
e noi , in due mondi separati da secoli. Essi si trascinavano in un’esistenza
vegetativa, al margine degli avvenimenti che appena li sfioravano. Lì
c’erano stati i tedeschi…..Rimpiazzati dagli americani e dai
francesi , che importa anche questi stranieri partiranno a loro volta………C’erano
anche Decimomannu e Villacidro, i due campi di volo vicini, ugualmente
rasi, ugualmente pelati,
ugualmente desertici. Le loro piste dure si stendevano nella landa senza
il minimo ostacolo per un raggio di dieci chilometri. Piatte e dritte,
ormeggiate in seno agli increspamenti della campagna……hanno
un qualcosa di duro e artificiale che contrasta con la morbidezza del
paesaggio circostante.
(Testimonianza del capitano francese George
Courtin, riportata da Les Marauders Francais, pag.67)
In
questa piana, gli americani avevano costruito due piste immense, una per
loro e l’altra per i francesi, a qualche chilometro l’una
dall’altra. Le due bande lunghe più di due chilometri, in
terra battuta con una massicciata di pietre che i genieri americani avevano
trasportato dalle vicine miniere di S’Acqua Cotta, avevano una colorazione
nera, dovuta alle tonnellate di olio usato che ogni giorno le autobotti
statunitensi vi riversavano nel vano tentativo di imbrigliare la polvere.
Ma dopo qualche decollo la crosta superficiale si sgretolava e gli altri
aerei sollevavano mostruose nuvole di polvere rossastra. Erano piste in
terra battuta molto larghe e molto lunghe...
“Quando il vento soffiava longitudinalmente o non soffiava per niente,
cosa abbastanza frequente, il decollo diventava un incubo. Gli aerei si
allineavano l’uno dietro l’altro a ciascun lato della pista
molto larga. Lo starter, in mezzo alla pista, il cronometro in una mano,
un drappo rosso nell’altra, dava il via alternativamente a destra
e a sinistra ogni 15 secondi. Dopo il secondo o il terzo decollo , non
si vedeva più niente, e abbastanza difficilmente anche lo starter,
ma al momento dovuto il suo drappo rosso si abbassava, i 4.000 cavalli
dei “Pratt and Whitney “ (i motori dei B-26 N.d.T.) venivano
liberati e il pilota, gli occhi incollati sull’indicatore di direzione,
attendeva l’uscita dalla nuvola di polvere mentre il secondo pilota
regolava la potenza e controllava la meccanica. Infine, quando si emergeva
dalla nuvola di polvere un altro, ben più grave pericolo attendeva
i piloti: con i loro aerei caricati al massimo di carburante, di bombe
e di munizioni, in presenza di temperature torride, era la turbolenza
degli aerei che avevano appena decollato.
E ogni volta era come giocare a testa o croce, con delle perdite di controllo
durante le quali uno poteva solo sperare che non durassero troppo a lungo.
Per evitare questi problemi oggi, gli aerei di linea, rispettano degli
intervalli di due minuti. Per evitare questi problemi a Decimomannu, dove
la larghezza della pista lo permetteva, gli americani facevano decollare
contemporaneamente sei aerei affiancati: tecnica che evitava il problema
della polvere e della turbolenza, facilitava il raggruppamento ma richiedeva
un grande allenamento e un pilotaggio molto preciso”.
(Da: le “Bretagne”, di Jean Moine,
su Icare, Le Debarquement, tome 3, pag. 91 e 94)
Il campo di volo era controllato a vista da sentinelle armate e pattugliato
dalla Military Police, per prevenire eventuali atti ostili da parte di
soldati sbandati e soprattutto dei paracadutisti della Nembo che si aggiravano
ancora nella zona. Tuttavia non si ebbero mai grossi problemi, al massimo
qualche furto attribuito ai “nativi” o proprio ai paracadutisti
italiani.
Contro improbabili attacchi aerei nemici, a difesa del campo e degli aerei
c’erano le batterie antiaeree degli ACK ACK Boys.
Più che con atti ostili gli americani dovettero fare i conti con
gli incendi che, arrivata l’estate, i contadini e i pastori villacidresi
non avevano perso l’abitudine di appiccare, incuranti degli americani,
dei loro aerei e dei loro depositi di bombe e di carburante. Dopo i primi
spaventi, dopo i primi interventi per spegnere gli incendi delle stoppie
intorno al campo, dopo aver scavato dei solchi tagliafuoco con i bulldozer,
finalmente il comando americano decise che era meglio far tagliare l’erba.
Furono mobilitati i soldati italiani alle dipendenze degli statunitensi
e il problema fu brillantemente risolto.
In prossimità della pista era accampato il 51st Service Squadron
che forniva assistenza tecnica agli aerei: manutenzione, riparazione,
rifornimento di carburante ecc..
Il
51° si occupava anche della gestione delle terme di S’Acqua
Cotta dove erano state erette due costruzioni con più di 50 docce
delle quali usufruivano non solo i soldati della base di Villacidro ma
anche quelli della base di Decimo, per un totale di oltre 3.000 uomini.
51st Service Squadron, Medical History
Anche la potabilizzazione del punto di approvvigionamento dell’acqua
per la base era affidata al 51°. Si trattava di un pozzo profondo,
a circa cinque miglia dal campo dal quale, ogni giorno, venivano prelevati
oltre 5.000 galloni d’acqua. 51st Service Squadron, Medical History
Per quanto riguarda il carburante, in un primo momento gli aerei venivano
riforniti direttamente a Decimomannu, poi fu disposto un servizio di autobotti
che facevano la spola tra da Decimo e Trunconi dove questo veniva stoccato
nei depositi del campo. Dopo qualche tempo, fu, infine, costruito un piccolo
oleodotto che da Decimo portava la benzina al campo di Villacidro.
Questa tubazione veniva pattugliata continuamente sia dai soldati americani
che dai soldati italiani, quando ci si rese conto che i “nativi”
vi facevano dei buchi per fare, a loro volta, rifornimento.
Il rifornimento, “gassing up ” , veniva effettuato da enormi
autobotti e di notte, in modo che gli aerei fossero pronti per un eventuale
missione del mattino successivo. Gli americani bombardavano di giorno
mentre gli inglesi preferivano bombardare di notte, alla luce dei bengala.
Sempre in prossimità delle piste erano accampati anche gli artiglieri
della 1067th Ordnance Company che, pure loro di notte, si occupavano della
sistemazione delle bombe sugli aerei. Questo lavoro (il “ bomb loading”
) era molto faticoso e delicato anche se gli addetti avevano a disposizione
speciali carrelli e appositi argani. Quando gli apparecchi, per un motivo
o per l’altro, non potevano sganciare le bombe, al loro ritorno,
queste venivano scaricate dagli aerei e riportate nei depositi.
“La compagnia di artiglieria
ha i suoi problemi, questi giorni. I ragazzi caricano le bombe quasi ogni
notte e spesso non riescono a iniziare prima delle 21 o delle 22 e terminano,
quindi, a mezzanotte o anche più tardi. Ciò significa che
perdono gran parte della notte perché poi devono stilare il loro
rapporto come tutti gli altri reparti” Thunderbird, 27 gennaio 1944.
“Anche oggi gli addetti alle bombe hanno di che lamentarsi, e a
ragione. Dopo aver caricato le bombe a frammentazione su 17 apparecchi
ieri notte, stamattina è cambiato il tipo di missione e otto aerei
sono stati disarmati e riarmati con bombe da 1.000 libbre. E, giusto per
finire in bellezza, queste bombe alla fine non sono state neppure sganciate
e a questo punto si può dire che i ragazzi si sono proprio rotti…”
Thunderbird, 2 settembre 1944
Per
coloro che dovevano partecipare alla missione del mattino, la giornata
iniziava molto presto: “il sergente Meyers, l’altra notte
è andato a letto alle 21,30. Verso le 22,30 un suo camerata l’ha
svegliato dicendo che era l’ora del briefing (programmato per le
5 del mattino). Così Meyers è saltato giù dal letto,
si è lavato la faccia, ha preso il suo mess kit e si è diretto
verso la mensa (per fare colazione) prima di rendersi conto che erano
solo le 22,30 e che era vittima di uno scherzo. Thunderbird, 22 agosto
1944.
Due ore prima della partenza gli equipaggi radunati in appositi spazi
presso gli accampamenti dei quattro squadroni venivano raccolti dai camion
che li portavano al campo.
Qui gli equipaggi di terra avevano già ispezionato gli aerei. I
mitraglieri di bordo arrivavano all’aereo per primi, sistemavano
di fianco al sedile i loro paracadute, controllavano le loro armi e munizioni
prima di prendere posto e attendere l’arrivo del resto dell’equipaggio.
Nel mentre i piloti e l’addetto alle bombe, partecipavano al briefing
durante il quale venivano ragguagliati sull’obiettivo, l’avvicinamento,
la quota, le condizioni meteo, la dislocazione della contraerea, le vie
di fuga e altri dati riguardanti la missione. Una volta che tutti erano
a bordo venivano fatti i vari controlli, obbligatori prima della partenza:
undici prima dell’avvio dei
motori, quindici durante il riscaldamento dei motori, altri quattordici
prima di decollare.
Da: Les Marauders francais , pag.48
Grande cura veniva messa dagli americani per lasciare, sempre, agli equipaggi
una possibilità di salvezza in tutte le circostanze che potevano
verificarsi durante una missione. L’addestramento prevedeva allenamenti
per abbandonare l’aereo nel più breve tempo possibile. Cosa
questa che non era estremamente agevole: due dei tre mitraglieri di coda
erano i più avvantaggiati, mentre il terzo doveva scavalcare l’enorme
apparecchio fotografico che era alle sue spalle; poiché le grandi
eliche non permettevano, a coloro che erano sistemati nella parte anteriore
dell’aereo, di uscire dall’alto o dai lati, l’unica
via di scampo era costituita dal carrello della ruota sotto il muso dell’apparecchio.
Il secondo pilota doveva ribaltare il suo sedile, aprire una botola che
gli permetteva di accovacciarsi sulla ruota e venire così espulso
fuori dall’abbassamento del carrello manovrato dal primo pilota;
a questo punto il bombardiere si lanciava a sua volta dalla botola e infine
anche il pilota lasciava l’aereo per la stessa strada. I piloti
avevano i paracadute alloggiati nello schienale dei loro sedili blindati
(FOTO da thunderbird) mentre gli altri membri dell’equipaggio volavano
indossando una bardatura che, in caso di necessità, avrebbe loro
permesso agevolmente di agganciare il paracadute ventrale che stava di
fianco al loro sedile.
In prossimità del nemico, per difendersi in qualche modo dalla
contraerea, venivano indossati gli indumenti antiproiettile (contenenti
delle lamine di acciaio speciale) e dei caschi di metallo.
Tra l’equipaggiamento c’era anche un apparecchio radio di
emergenza (che funzionava per mezzo di una dinamo azionata da una manovella)
e una piccola borsa sigillata contenente
soldi dei vari paesi sorvolati e carte geografiche con segnati i punti
della costa dove eventualmente si poteva essere recuperati da sottomarini
amici. Questa borsa chiamata escape aid fu ben presto soprannominata escapette
dagli equipaggi francesi.
(L’unità elementare di volo era la pattuglia ( flight ),
composta da quattro o sei aerei raggruppati in due formazioni triangolari
procedenti a quote diverse. La posizione di ogni aereo (e quindi del suo
pilota) nel flight era sempre la stessa: la posizione numero 1 era quella
del leader, quella numero due alla sua destra e quella del numero tre
alla sua sinistra. Gi altri tre aerei volavano a una quota leggermente
inferiore e sfalsata rispetto al primo triangolo. Il numero quattro costituiva
il vertice di questo secondo triangolo e avrebbe dovuto sostituire il
numero uno nel caso questo fosse stato abbattuto. Il numero cinque e il
numero sei stavano rispettivamente a destra e a sinistra del numero quattro.
Ogni aereo doveva volare a circa 150 centimetri di distanza dal suo più
immediato vicino, sia lateralmente che longitudinalmente.
Una formazione con aerei tanto vicini costituiva un obiettivo più
piccolo e quindi più difficile da colpire (sia dalla caccia che
dalla contraerea nemica) ma soprattutto consentiva un’enorme concentrazione
di fuoco potendo disporre di 11 x 6 mitragliatrici pesanti.
In pratica il leader doveva concentrare la sua attenzione, oltre che sulla
strumentazione di volo, solo su ciò che appariva davanti ai propri
occhi attraverso il plexiglas del parabrezza, mentre i piloti degli altri
aerei dovevano preoccuparsi di ciò che si trovava tra loro e il
leader. La formazione era costituita , normalmente, da quattro flight,
e più formazioni potevano essere mandate a bombardare lo stesso
obiettivo con effetti terrificanti.
(Da: le “Bretagne” di Jean Moine,
sulla rivista Icare, Le debarquement, tome 3, pagg.87-88)
Naturalmente la formazione da crociera
era diversa da quella d’attacco. La formazione da crociera cercava
di ottenere una disposizione ottimale degli aerei per offrire la massima
protezione contro la caccia nemica, durante il volo di avvicinamento all’obiettivo.
La formazione d’attacco si proponeva d’ottenere la maggiore
concentrazione di fuoco sull’obiettivo e contemporaneamente la maggiore
protezione contro la contraerea nemica. Ci si disponeva secondo questa
formazione dal punto d’inizio dell’attacco (I.P.=Initial Point)
a partire dal quale cominciava il bombing run.
L’aereo di testa, il leader, era fornito di un visore Norden ed
era questo aereo che condizionava la buona riuscita della missione prendendo
la direzione giusta e iniziando il bombing run al momento dovuto. Gli
altri aerei si comportavano di conseguenza secondo i tempi scanditi da
un intervallometro.
Da: Les Marauders Francais
Tuttavia, per essere preciso, il visore Norden doveva tenere inquadrato l’obbiettivo per almeno 15 secondi in volo rettilineo e a velocità costante ma, in queste condizioni si fornivano, alla contraerea tedesca, elementi sufficienti per indirizzare il tiro. Quindi, in presenza di contraerea nemica, gli aerei erano costretti a variare continuamente velocità, quota e direzione ed è per questo motivo che bisognava essere veramente allenati sia nell’uso del visore Norden che nel volo in formazione compatta.
Anche il raggruppamento degli aerei
in formazione richiedeva una precisione assoluta e una grande padronanza
del mezzo.
Alla partenza, ogni aereo del flight decollava 15 secondi dopo quello
che lo precedeva. Raggiunta la quota di 1500 piedi sulla verticale del
campo ogni aereo eseguiva una virata di 180°che lo portava ad avere
il vento in poppa. Alla fine di tale virata tutti gli aerei del flight
si trovavano automaticamente al loro posto. Poi, a loro volta, dopo una
nuova virata di 180° , tutti i flight.dello squadron raggiungevano
la loro posizione. Al segnale di un razzo tutta la formazione sorvolava
il campo di volo, quasi in parata, e prendeva la direzione prestabilita.
Dopo di che avveniva l’incontro con eventuali altre formazioni ,
la prova delle armi di bordo per la quale gli aerei si disponevano in
volo d’anitra, e l’incontro con i caccia di scorta.
Con ogni formazione decollavano anche uno o due aerei di riserva e la
accompagnavano sino alla prova delle armi, pronti a sostituire eventuali
aerei che non avessero superato il test. Nel mentre che i piloti eseguivano
tutte queste manovre, gli altri membri dell’equipaggio, a loro volta,
si preoccupavano di testare tutte le armi e le apparecchiature loro affidate.
Da: le “Bretagne” di Jean Moine,
sulla rivista ICARE, Le Debarquement, tome 3, pagg. 84,85,86.87,88
Trascorse
alcune ore, a seconda della distanza dell’obiettivo da bombardare,
il personale di terra iniziava a portarsi ai bordi della pista con i mezzi
antincendio, ambulanze e quant’altro potesse essere necessario in
caso di emergenza. Il rituale dell’attesa iniziava molto prima che
gli aerei apparissero, come una serie di puntini neri, all’orizzonte.
Al suo primo apparire occhi ansiosi scrutavano la formazione per vedere
se nei suoi ranghi ci fossero dei vuoti che avrebbero indicato che qualche
aereo era stato abbattuto, e si aspettavano le segnalazioni con i razzi.
Un razzo rosso indicava che c’era una situazione di emergenza mentre
uno verde significava che tutto era andato bene.
Ogni aereo, oltre l’equipaggio di volo, aveva il suo equipaggio
di terra che ogni giorno, prima del decollo degli aerei, faceva la manutenzione
ordinaria dell’apparecchio, controllava le bombe appese nel ventre
dell’aereo, ispezionava tutto l’aereo e si sincerava che ogni
cosa fosse a posto per la missione. Tra gli equipaggi di terra e quelli
di volo si stabiliva un particolare feeling ed era naturale che i primi
attendessero con grande ansia il ritorno dei secondi.
A settembre del 1944 prima gli americani e poco dopo i francesi, si trasferirono
dalla base di Villacidro in località più vicine al fronte.
Le campagne dove erano sorte le tendopoli dei vari squadroni vennero restituite
ai legittimi proprietari e le varie costruzioni edificate dagli americani
vennero subito smantellate per ricuperare materiale da costruzione.
Il campo di volo ritornò in possesso dell’aeronautica italiana
ma fu abusivamente occupato da pastori di Villacidro.
L’aeronautica, che nel mentre aveva concesso lo sfalcio dell’erba
a un tale Buccoli di Serramanna, il 4 agosto del 1945 si rivolse all’avvocatura
di stato:
Cagliari,lì 4 AGO 1945
Alla R^ AVVOCATURA DISTRETTUALE DELLO STATO CAGLIARI
Ufficio Demanio - Prot. n°18/5792
O G G E T T O : (B/8-9) VILLACIDRO - Sfruttamento agricolo sull’Aeroporto.
e, per conoscenza: AL MINISTERO DELL’AERONAUTICA
Direzione Demanio - Sez. Demanio
R O M A
Si comunica a codesta R^ Avvocatura che in ottemperanza al dispaccio Ministeriale
n°31038 del 18.VIII.1944 la scrivente in data 4.XI. 1944 indiva una
trattativa privata per l’aggiudicazione della concessione dello
sfalcio erba e del pascolo del Campo di Aviazione di Villacidro per il
periodo 5 novembre 1944 / 30 settembre 1945.-
L’offerta migliore (£. 184.000,00) fu fatta dal Sig. BUCCOLI
Luigi fu Francesco di Serramanna, che pur rimanendo aggiudicatario della
concessione, non poteva entrare in possesso, perché ostacolato
da pastori di Villacidro.-
Interessato il Comando Carabinieri Aeronautica della Sardegna per l’estromissione
dei pastori che abusivamente fruivano della concessione in oggetto, si
è avuto foglio che si allega in copia contenente il nominativo
dei proprietari che hanno fatto pascolare il loro bestiame.-
Pertanto pregasi Codesta R^ Avvocatura Distrettuale voler esaminare la
possibilità di citare in giudizio i pastori medesimi per il risarcimento
dei danni nei confronti dell’Amm.ne Aeronautica.-
IL CAPOSEZIONZIONE
(Maggiore G.A.r.i. – Marongiu Ing. Agostino)
L’avvocatura rispondeva che spettava al Buccoli e non all’aeronautica,
denunciare i pastori.
L’aeronautica replicava che il Buccoli, non essendo entrato in possesso del pascolo, si rifiutava di perfezionare il contratto. Ciò avrebbe arrecato un danno all’aeronautica che quindi si sarebbe dovuta rifare citando in giudizio o i pastori o il Buccoli.
A questa seconda nota l’avvocatura rispondeva che, stando così le cose, l’aeronautica avrebbe dovuto prima diffidare i pastori e se costoro avessero perseverato, li avrebbe potuti denunciare per pascolo abusivo.
Si riporta infine l’ultima nota dell’aeronautica all’avvocatura.
Cagliari,lì 17 NOV. 1945
All’ AVVOCATURA DISTRETTUALE DELLO STATO
C A G L I A R I
Ufficio Demanio - Prot. n°18/7785
OGGETTO : (B/8-9) VILLACIDRO – Sfruttamento agricolo sull’aeroporto.
In merito a quanto richiesto con la nota n°1169 – cons. 16168
Posiz. 30 / B del 10.XI.1945 di codesta Avvocatura, si comunica che i
terreni già costituenti il Campo di volo di Villacidro sono stati
restituiti alla Ditta proprietaria (Comune diVillacidro) sin dal 7 giugno
1945, in seguito a disposizione in tal senso avuta dal Ministero dell’Aeronautica.-
Inoltre il Comando Carabinieri Reali Aeronautica della Sardegna, con foglio
n°6-50/11-1 dell’8.VI 1945 comunicava alla scrivente che da
qualche tempo gli armentari di Villacidro non erano più tornati
a pascolare sul campo, perché venuti a conoscenza che il BUCCOLI
intendeva rivalersi contro di loro per il danno arrecatogli.-
Si rimane in attesa di conoscere l’ulteriore corso della pratica..-
IL CAPO SEZIONE
(Magg. G.A.r.i. – MARONGIU Ing. Agostino)
Una volta rientratone in possesso il comune riprese ad affittare i terreni
di Trunconi, secondo le antiche usanze, alternativamente ai pastori per
pascolarvi gli armenti e ai contadini per seminarvi il grano. In anni
più recenti detti terreni furono dati ad alcune cooperative delle
quali due operano ancora mentre le altre hanno chiuso i battenti.
Ultimamente è stato deciso che su parte di essi sorgerà
un ippodromo e quindi, dove una volta rullavano i bombardieri (strumenti
di morte e di distruzione ma anche di liberazione dal nazi-fascismo) ,
vedremo galoppare i più pacifici cavalli che, ci auguriamo possano,
contribuire a portare turisti e benessere nella nostra cittadina.
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