A cura di Ignazio Fanni
Il
7 dicembre del 1943, anche gli ultimi uomini del 17° poterono abbandonare
il campo di Djedeida in Tunisia. La nuova base di Villacidro era ormai
pronta, anche se non operativa al 100 per cento.
A Casal del Re, due miglia a Est del campo di volo, fino a qualche mese
prima sede del comando tedesco, fu installato il quartier generale del
gruppo, Group Headquarters.
La vecchia casa padronale ospitò il comando e veniva chiamata dai
nuovi “ospiti”, semplicemente “the Villa” .
Ma già la mattina dopo il loro arrivo a Trunconi (avvenuto la sera
del 10 novembre) , le prime avanguardie degli ausiliari di terra individuato
il posto adatto per piazzare il loro accampamento, iniziarono subito a
tirare su le loro tende piramidali. In pochi giorni “the tent city”,
ossia la tendopoli, l’accampamento dei quatto squadroni del 17th
Bomb Group, occupò tutta la regione di Gutturu ‘e Forru.
“Sulla base del CHI PRIMA
ARRIVA PRIMA E’ SERVITO, avremmo dovuto ricevere una tenda, cercarci
un posto dove sistemarci e tirare su la tenda. Dovetti cedere tre tende
ad altrettanti ufficiali, compresi i siti che avevo scelto. Ricevetti
una quarta tenda e mi trovai un quarto posto per montarla. Avevo già
sistemato il palo centrale e i cinque perimetrali, quando arrivò
il Lt. James D. Fahs Jr. che decise che gli piaceva il posto che avevo
scelto e che la tenda era la sua. ……….
Quanta merda pensano, questi fottuti ufficiali, che uno possa ingoiare?
Gli risposi: no, tu puoi avere il posto, ma la tenda è la mia.
E gli feci notare che il regolamento militare stabiliva che dovesse essere
lui a farsi il suo lavoro. …………Fahs allora corse
dal capitano Fast il più velocemente che i suoi fottuti piedi gli
consentivano e riferì l’accaduto. In pratica chiedeva, in
ordine esatto: le mie scuse, la sua tenda (ossia la MIA TENDA) montata
e che, se io non avessi accondisceso, fossi deferito alla corte marziale.
Fast mi disse che avevo ragione io ma che, purtroppo, lui dove stare dalla
parte degli ufficiali………Alla fine dovetti capitolare
e feci ciò che mi si chiedeva. Tuttavia mi rifiutai di vivere in
una tenda e decisi di dormire sotto un albero, senza radermi e senza curare
in alcun modo l’aspetto fisico.”
(da: …IN THE CESSPOOL OF POWER –
The autobiografy of Frank P. Carnese, di Frank. P. Carnese e Rosalie Tornello,
a spese dell’autore, pag. 92)
“I quattro squadroni si acquartierarono
in aree tra loro contigue a sinistra del campo di volo nei pressi di Villacidro”.
(HQ, 17th Bombardment Group, relazione del mese
di dicembre 1943)
Con
l’aiuto del nostro concittadino Emilio Nuscis, che allora collaborava
all’accampamento americano come operatore cinematografico e aiutante
allo S.S.O (Special Services Office),si è tentata una ricostruzione
di quella che doveva essere la dislocazione dei vari squadroni.
Venendo da Villasor, a sinistra dell’attuale strada statale 196
bis si trovava, per primo, il 34° il cui comando, la cucina, la mensa,
il club e i vari uffici erano sistemati sulla collinetta dove ancora oggi
si trovano i tre pini e una costruzione restaurata, ma sostanzialmente
uguale a come era nel 1944. Inoltre sono ancora visibili alcuni ruderi
e resti di fondazioni che danno un’idea di quanto fosse stato costruito
in quella zona. La tendopoli del 34° si estendeva da lì sino
alla strada ex statale196 bis..
Spostandosi verso Villacidro si trovavano l’accampamento del 37°,
seguito da quello del 432° e infine quello del 95°.
Alla data dell’11 novembre, il diario del 34° riporta:
“Alzatisi di buon mattino, il capitano Fast e il capitano Criswell andarono alla ricerca di un luogo adatto per lo squadrone. Il posto migliore, a Sud-Ovest della pista e ai piedi di alcune colline, aveva anche alcuni edifici occupati dai soldati italiani. Dopo un’accesa discussione (evidentemente con i militari italiani, N.d.T.) Criswell e Fast riuscirono a farsi consegnare l’area per il 34° squadrone, che vi si trasferì nella tarda mattinata.”
Si
trattava di cinque edifici in muratura. Uno diventerà la mensa
truppa e si riuscirà a ricavarne anche un locale da adibire a barberia
dove i nostri Pinuccio Farris e Pino Matta erano stati autorizzati a esercitare
la loro arte: un taglio di capelli costava 5 lire e una barba 2 lire.
Altri due verranno adibiti ad alloggi ufficiali mentre l’edificio
più grande verrà suddiviso in fureria, ufficio postale,
dispensario, ufficio operativo e alloggio per il capitano Criswell
Nel locale della mensa c’erano delle tavole e delle panche di legno
che venivano utilizzate dai soldati anche per leggere i giornali e per
ascoltare la radio.
Una costruzione in legno, smontata a Casal del Re, venne ricostruita vicino
agli altri cinque edifici e venne adibita a mensa ufficiali. In questa
costruzione fu ricavato anche un locale per l’ufficio dell’
S-2 (servizi di intelligence) dello squadrone. L’addetto a questo
servizio aveva anche l’incarico di scrivere il diario dello squadrone.
Giorno dopo giorno i lavori proseguivano: gli edifici vennero disinfettati,
rimessi a posto e, dopo una mano di bianco, potevano offrire lo stesso
confort degli uffici lasciati negli Stati Uniti.
In una baracca di legno, sempre in quella zona, alcuni sarti villacidresi
(tra gli altri Giovanni Deidda e Titino Tuveri) aggiustavano e stiravano
gli indumenti dei soldati americani. Giovanni Deidda ricorda che nei pressi
del lavatoio fu contattato da alcuni soldati americani che gli proposero
di andare a lavorare al campo. D’inverno il locale dove lavoravano
era riscaldato da una stufa a benzina e un giorno qualcuno, inavvertitamente,
diede un calcio alla stufa che rovesciatasi propagò le fiamme alla
costruzione che era di legno. Il locale fu semidistrutto e i sarti furono
messi “in cassa integrazione” per alcuni giorni.
Come riportato da Monsignor Diana nel Liber Chronicus:
“Durante la guerra 1939-1943, gli americani demolirono il tetto della chiesa (di San Pietro), per togliere i legnami e utilizzarli nella costruzione dei loro padiglioni. Invano furono fatte pratiche per il risarcimento dei danni. Perciò, per iniziativa presa dal Parroco Dott. Diana, un Comitato Cittadino raccolse le offerte spontanee del popolo: così fu rifatto il tetto ed almeno le cose più urgenti dei restauri della chiesa e dei locali adiacenti.”
In un secondo momento, un soldato in vena di bravate (forse per chiudere meglio l’ingresso della sua tenda) fece sparire la porta di una chiesa di Villacidro (che potrebbe essere ancora la chiesetta di San Pietro):
“La fureria era un posto
interessante dove lavorare. Ad esempio un giorno ricevemmo la visita del
maggiore della polizia italiana a Villacidro (evidentemente il maresciallo
dei carabinieri, N.d.T.) Entrò nella fureria e chiese di parlare
con il capitano Fast. Si lamentava che uno dei nostri aveva rubato la
porta di una chiesa del paese e voleva che il colpevole fosse perseguito.
I “buon” sergente Joachim (il furiere capo) avrebbe voluto
portare il nostro uomo davanti alla corte marziale. Io mi intromisi nella
discussione e suggerii di esaminare bene i fatti prima di prendere una
decisione definitiva.
L’uomo in questione , il sergente Bob Rutter era un valoroso veterano
e quindi meritava un po’ di considerazione. Si rendeva conto che
aveva agito con leggerezza e poiché la porta non era stata danneggiata
avrebbe voluto farla tornare al suo posto. Io andai in paese e parlai
con tutte le parti interessate: il sindaco, il maresciallo e il parroco.
In poco tempo riuscimmo a trovare un accordo: la porta fu risistemata
all’ingresso della chiesa, ci fu da parte nostra una qualche compensazione
in denaro e l’incidente fu chiuso facilmente.”
(da: …IN THE CESSPOOL OF POWER –
The autobiografy of Frank P. Carnese, di Frank. P. Carnese e Rosalie Tornello,
a spese dell’autore, pag. 92)
Gli
altri squadroni non furono così fortunati e non trovando, nella
zona, altri edifici da requisire dovettero accontentarsi delle tende.
Molti artigiani e operai del paese (muratori, falegnami, sarti ecc.) si
recavano giornalmente al campo per lavorare e guadagnarsi così
la giornata. Anche una certa quantità di soldati italiani erano
alle dipendenze degli americani: “noi diamo loro da mangiare e gli
forniamo i vestiti, ma vengono pagati dal loro esercito (forti dubbi in
proposito N.d.T.)”. Thunderbird
Molti soldati americani si facevano lavare la biancheria
da donne del paese. In seguito fu installata una macchina per lavare la
biancheria e ogni uomo poteva lavare sino a dieci capi la settimana (Thunderbird,
19 febbraio 1943), ma non pochi continuavano a farsi lavare la biancheria
dalle donne villacidresi perché avevano instaurato dei rapporti
amichevoli con le loro famiglie e capivano che il cibo e i soldi che esse
ricevevano erano di capitale importanza per la sopravvivenza di quelle
persone.
Dopo aver sistemato l’accampamento i nuovi occupanti iniziarono
a ingegnarsi per procurarsi almeno una parte delle comodità che
avevano lasciato a casa e che avevano rimpianto per un anno durante il
loro soggiorno in Africa.
Tutte le tende avevano l’illuminazione elettrica per la notte e
la parte superiore della tenda era costituita da un cappuccio di plastica
trasparente (pliofilm) che dava una discreta illuminazione alla tenda
durante il giorno. Ma le tende poco potevano contro i rigori dell’inverno
villacidrese e, in attesa che arrivassero delle stufe “made in Usa”,
i più ingegnosi si costruirono delle stufe rudimentali riciclando
rottami di ferro “ereditati” dalle truppe tedesche. Quando
pioveva, e allora pioveva, c’era il pericolo che il pavimento delle
tende si bagnasse. Per questo motivo alcuni si fecero un pavimento in
legno (una notte che gli occupanti di una tenda erano tutti assenti, sparì
l’intero pavimento e non fu mai ritrovato). Alcuni se lo fecero
costruire in cemento da muratori locali che per lavori del genere ricevevano
una paga di 50 lire il giorno.
Venne poi la moda dei bungalow, vere e proprie casette in muratura (blocchetti di cemento o mattoncini rossi) con il tetto in tegole.
“Stanotte OPEN HOUSE nella
casetta appena terminata di Carbone, Wilson, Edgar e Earl. La costruzione
assomiglia a una casa vera e propria, molte altre ne sono state iniziate
(Thunderbird, 31 dicembre 1943); Le costruzioni stanno spuntando come
funghi. Molti uomini si mettono insieme per farsi costruire dei piccoli
quartieri
(Thunderbird, 29 gennaio 1944);
La mania delle costruzioni ha raggiunto
il massimo livello, tra gli uomini dello squadron. I primi a costruirsi
una casetta sono stati Berk e Majulin, che vivono insieme. Probabilmente
stiamo modificando la geografia della zona e alla nostra partenza ci sarà
una migrazione in massa dal paese alla campagna con conseguente morte
della città di Villacidro.
(Thunderbird, 9 marzo 1944).
Il materiale veniva comprato in paese e i muratori locali, il più delle volte, venivano pagati con stecche di sigarette, merce questa che, al mercato nero veniva pagata molto bene. Una stecca allo spaccio americano costava 50 centesimi di dollaro ma
“i nativi affamati di fumo
pagherebbero anche 9 dollari, e anche di più nel Nord dell’isola.”
Thunderbird….
In effetti in quel periodo, il “il commercio internazionale”,
favorito anche dall’introduzione delle am-lire (comuni sia agli
abitanti del posto che alle truppe di occupazione), ebbe un grande impulso.
Si trattava di carta moneta emessa dal governo militare alleato con indicazioni
in italiano e in inglese il cui valore ufficiale era di cento am-lire
per un dollaro, ma alla borsa nera un dollaro poteva spuntare anche 350
am-lire. Questo tipo di moneta nell’ Italia liberata aveva iniziato
a essere in vigore sin dal luglio del 1943. In Sardegna, evidentemente,
solo dopo l’arrivo degli alleati nella nostra isola.
“Oggi tutti i nostri soldi
devono essere cambiati in lire e la buona, vecchia moneta americana sparirà
nuovamente per un altro periodo
(Thunerbird, 11 dicembre 1943),
in Tunisia infatti era obbligatorio usare i franchi francesi. Le am-lire
cessarono di avere valore legale il 30 giugno del 1951.
FOTO AM LIRE
Gli americani compravano molto volentieri prodotti agricoli (assai gradite
le mandorle) pollame, conigli, vino……..e sesso. Tuttavia in
Sardegna la prostituzione non raggiunse i livelli industriali di altre
regioni italiane. Certamente, pure se in misura ridotta, anche da noi
c’erano le cosiddette “segnorine” (come erano chiamate
dalle truppe di occupazione) che, soprattutto per fame, erano costrette
a prostituirsi.
“Houges, Bowling e Coleman sono rientrati da Napoli. A loro dire
laggiù è possibile acquistare molte cose, il suolo è
coperto di aerei e di neve e, le ragazze sono molto disponibili.”
(51st Service Squadron, 16 febbraio 1944)
Alcuni
villacidresi, evidentemente con un notevole senso degli affari, riuscivano
a vendere le cose più impensate: un apparecchio radio, se di marca,
poteva spuntare anche 110 dollari. Come facciamo adesso noi con gli euro,
gli americani continuavano a pensare in dollari anche se pagavano in am-lire.
Ma più che soldi, agli americani venivano richiesti zucchero, caffè,
dolciumi e sigarette.
Un certo mercato avevano anche le compresse di Atabrine, un antimalarico
che le truppe americane erano costrette a ingurgitare come cura per la
malaria. I flaconi di questo medicinale si trovavano sulle tavole della
mensa e i soldati dovevano assumere la loro razione durante i pasti.
Il prodotto aveva un poco piacevole effetto collaterale: oltre che dare
una forte colorazione gialla alla pelle, provocava delle scariche di diarrea
così violente e improvvise che molti non riuscivano ad evitare
di farsela addosso. Per questo motivo i soldati cercavano di imboscarle
e di rivenderle alla popolazione locale che le usava per colorare in un
bel giallo gli indumenti di lana, soprattutto di lana sarda che, oltre
ad essere molto ruvida, al naturale aveva una brutta colorazione “sale
e pepe” poco gradita soprattutto dalle donne. Indumenti intimi venivano
ricavati anche dai sacchetti in ottimo cotone per la farina e lo zucchero.
Molto ricercata anche la seta dei paracadute, coperte e indumenti militari.
Tuttavia la Military Police che faceva la ronda anche in paese sequestrava
questi prodotti, ai poveri malcapitati, sia che fossero stati rubati,
barattati con altra merce, pagati in contanti o……. in natura.
“Un’ondata di furti
ha determinato la necessità di tenere lontani tutti , eccetto le
persone accreditate, dall’area dell’accampamento degli squadroni.
Sei guardie italiane (carabinieri) della vicina caserma, formano un anello
intorno all’accampamento e non permettono l’ingresso a chi
non è fornito del passi.”
(Thunderbird, 11 gennaio 1943)
“Una nuova situazione si
è determinata oggi nel nostro campo: le guardie italiane (i carabinieri).
Si, ai nostri ex nemici vengono affidate le armi, mentre la maggior parte
dei nostri GI lasciano i fucili e le pistole nelle proprie tende. Il piantone
nel posto di guardia a noi più vicino , con un fiume di parole
italiane (delle quali qualche cosa riuscivo a capire) e con molti gesti
cercava di spiegarmi che non aveva mai potuto soffrire Mussolini.
Da “Sardinia” di Walter C. Becker,
riportato su “17th Bomb Group, Turner Publishing Company, Paducah,
Kentucky, pag. 51.
Una brutta avventura la corse un
tale di Villacidro che lavorava in uno dei bar dell’accampamento
e che fu accusato, a torto o a ragione, di essersi appropriato di una
certa somma di denaro. Si vociferava anche che, per farlo confessare,
fosse stato seviziato con l’uso improprio di un compressore. Ma
quello che è certo e che fu portato vicino a un fusto per carburante
privo del coperchio, pieno di benzina in fiamme, e tenuto sotto minaccia
di esservi scaraventato dentro, qualora non si fosse deciso a parlare.
A toglierlo da questa incresciosa situazione fu l’appuntato Tradori
che dietro l’usbergo della sua uniforme di carabiniere riuscì
a strappare il poveraccio dalle grinfie di quei forsennati.
TESTIMONIANZA DI OTTAVIO BARBAROSSA E FERNANDO
COLLU
I furti avvenivano un po’ dappertutto, ma era soprattutto a Cagliari
e soprattutto la roba da mangiare, che veniva trafugata in quantità
industriali per essere rivenduta “a martinica” Si diceva che
all’uscita del porto, coloro che venivano pescati con le mani nel
sacco e cercavano di difendersi dicendo di aver rubato per fame (mentre
era evidente che si trattava di individui che sfruttavano la fame altrui
rivendendo a borsa nera) venivano trattenuti e costretti, sotto la minaccia
delle armi, a mangiare senza interruzione, tutto quello che avevano rubato.
I poveri che non avevano niente da barattare e soprattutto i bambini,
scalzi e ricoperti di stracci, si limitavano a elemosinare un po’
di cibo presentandosi con i loro barattoli di “conserva”,
nei pressi delle mense del campo.
Per molte famiglie questo costituiva l’unico mezzo di sussistenza
e permetteva di sopravvivere di giorno in giorno.
Molti ragazzini del paese furono ingaggiati per fare la pulizia nelle
tende, per tenerle in ordine e anche per fare da guardiani mentre gli
occupanti della tenda erano fuori in missione.
“Quasi ogni tenda ha un
ragazzo italiano che fa da inserviente. Questi ragazzi fanno lavori occasionali
e tengono in ordine la tenda in cambio dei pasti e di qualsiasi cosa viene
loro data…Questi ragazzi fanno un gioco simile a quello che noi,
da ragazzini chiamavamo scrimmage: il pallone viene mandato verso la rete
con i piedi e non può essere toccato con le mani.
(Thunerbird, 15 gennaio 1944).
Uno di questi ragazzi era Ferdinando Collu, allora quattordicenne, che
molto gentilmente ci ha raccontato la sua esperienza all’accampamento
di Gutturu ‘e Forru
TESTIMONIANZA di FERDINANDO COLLU.
Subito dopo l’arrivo dei nuovi occupanti
“ci fu qualche problema con
i soldati italiani e i nativi dell’isola, ed era del resto naturale,
che essi non fossero in tutti i casi, disposti a considerare gli americani
come buoni amici. .”
(HQ, 17th Bombardment Group, dicembre 1943)
“Ieri io, Cain, Johnson a
un soldato italiano abbiamo fatto una gita a Iglesias, che è una
piccola città a 30 miglia da qui. Siamo andati con la scusa di
comprare alcuni copriletto per le nostre famiglie, e una volta nel posto
la famiglia del negoziante ci ha invitato a pranzo. Per primo fu servito
un grande piatto di “macaroni ”al sugo che mandammo giù
con una bella innaffiata di vino. Quindi arrivò un’enorme
portata di montone arrosto condito con aglio e quindi ancora giù
col vino. Poi mandorle e arance con un vino dolce e a coronamento del
tutto il caffè.
Durante l’ultima parte del pranzo arrivò un soldato italiano
e dopo di lui anche un pilota italiano. Tutto era andato a meraviglia
sino all’arrivo di quest’ultimo dopo di che l’atmosfera
si fece più tesa.
Comunque noi cercammo di comportarci amichevolmente con queste persone
e fummo ricambiati con un invito per il giorno di Natale ma non credo
che potrò rinunciare al tacchino. .”
Da: Overseas Diary of Herschel D. Davis, 95th
Bombardment Squadron, 10 dicembre 1943.
Il giorno di Natale gli ufficiali
e i soldati si fecero molti giovani amici tra i bambini sardi, distribuendo
dolciumi, razioni, e regali di natale, a suo tempo conservati.”
(HQ, 17th Bombardment Group, dicembre 1943)
Sono state prese precauzioni contro
probabili tumulti da parte di truppe locali, specialmente paracadutisti
italiani. Tutte le città sono state dichiarate off limits per i
membri del gruppo, sino a nuovo ordine e gli uomini di guardia agli aerei
e a tutta l’area sono stati raddoppiati.
(Thunderbird , 11 gennaio 1944)
“Il 21 febbraio il soldato
Clarence W. Fink è stato condotto davanti a una corte marziale
(a Elmas) composta da ufficiali e soldati, con l’accusa di omicidio
per aver sparato a un soldato italiano, sotto l’influsso di un’abnorme
quantità di vino. Dopo una sessione durata tutto il giorno Fink
è stato ritenuto colpevole di omicidio involontario e condannato
a tre anni di confino e alla radiazione con disonore dalle forze armate.
Fink era considerato elemento di valore, sotto ogni aspetto. Per tre anni
aveva lavorato agli approvvigionamenti tecnici ed era ben voluto da tutti
coloro che lo conoscevano. La cosa ha colpito tutti gli uomini perché
aveva solo 20 anni ed era pieno di vita, di ambizione e di entusiasmo.”
(51st Service Squadron, relazione del mese di
febbraio)
D’altronde, sin dalla loro prima comparsa in paese gli americani
avevano cercato di ingraziarsi il favore dei villacidresi, regalando sigarette
e dolciumi a coloro che incontravano in strada. I bambini scoprirono la
cioccolata (scomparsa dal paese ormai da molto tempo), gli adulti apprezzavano
le sigarette americane con un aroma molto più marcato delle nostre
(ormai praticamente introvabili) e tutti scoprirono le Life Saver ( le
famose caramelle col buco, a forma di salvagente).
E
infatti, dopo un primo periodo di diffidenza i villacidresi si dimostrarono,
in linea di massima, abbastanza ospitali verso i nostri ex nemici e ora
“nuovi alleati”, anche se molti di questi erano abbastanza
strafottenti e non di rado addirittura indisponenti, certo molto diversi
dai nostri “ex alleati” e ora nostri “nuovi nemici”.
Comunque gli americani erano i vincitori, qualcuno cominciava a rendersi
conto che nonostante le loro bombe, nonostante tutti i lutti e le distruzioni,
in qualche maniera questi ragazzi stranieri, venuti da tanto lontano,
stavano rischiando la loro vita per liberarci dalla dittatura fascista
e nazista. I più però, come spesso accade, si erano solo
adattati alla nuova situazione e cercavano di approfittare dell’
abbondanza dei magazzini del campo e del piccolo benessere che da essa
poteva derivare anche alla popolazione locale.
Gli aviatori americani in libera uscita lasciavano il campo per recarsi
a Villacidro e negli altri paesi vicini, per comprare qualcosa, per fare
conoscenze, per incontrare le persone con le quali avevano iniziato a
fare amicizia o semplicemente per sbronzarsi nelle varie bettole del paese
dove spesso scoppiavano furibonde scazzottate degne di un film western.
Iniziavano a diffondersi, anche tra i villacidresi, la musica e le canzoni
dei nuovi arrivati. Molti giovani si cimentavano con il boogie woogie,
e il ritornello della canzonetta “Pistol Packin’ mama”
(conserva la pistola, mamma) che faceva “ lay that pistol down,
Babe. – lay that pistol down ” venne subito tradotto in sardo
con “ lera pistundera, lera pistundà ”.
Questa canzone di Al Dexter era molto in voga tra le truppe americane
e nella versione di Bing Crosby e delle Andrews Sisters registrata il
27 settembre del 1943, in quattro settimane, vendette più di un
milione di dischi e fruttò a Crosby un altro disco d’oro.
Memorabili le botte prese da un soldato americano che, alcuni giorni
dopo aver infastidito insieme ad altri commilitoni la fidanzata di un
giovane villacidrese (futuro medico) ebbe la cattiva idea di presentarsi
da solo in piazza Frontera.
TESTIMONIANZA di OTTAVIO BARBAROSSA.
“Gli abitanti di quest’isola
non sembrano preoccuparsi più di tanto, di noi, almeno sino a quando
non diamo loro fastidio .Comunque è meglio non farli uscire dai
gangheri perché tutti gli uomini hanno addosso un coltello o un
fucile, qualche volta entrambi. Brrr.”
Da: Overseas Diary of Herschel D. Davis, 95th
Bombardment Squadron, 10 dicembre 1943.
In alcuni casi, però, si instaurarono addirittura dei buoni rapporti.
Ad esempio la dottoressa Mariantonietta Fanni, ricorda che la sua famiglia,
grazie l’interessamento di uno di questi soldati riuscì a
avere notizie di un parente prigioniero di guerra negli Stati Uniti.
Testimonianza di M.A. Fanni.
In fin dei conti erano esseri umani pure loro ed era la crudeltà di una guerra, dichiarata dalla Germania e dall’Italia, che li aveva condotti a combatterci con armi terribili distruggendo le nostre città e causando tanti morti anche tra la popolazione civile. Anch’ essi, come i nostri soldati, erano stati strappati alle loro famiglie, ed erano arrivati (quelli che erano arrivati) alle nostre latitutidini, dopo un viaggio lungo, tremendo e pieno di pericoli. Molti di loro, come tanti dei nostri ragazzi, erano morti in azioni belliche o avevano dovuto superare prove tremende. Quelli che erano riusciti ad arrivare fin qui erano, tutto sommato, i più fortunati. Ma anche loro, come i nostri aviatori, ogni volta che partivano in missione, non sapevano se sarebbero tornati. Pochi erano esenti dal così detto “tremore pre-missione”.
……“Villacidro……eravamo
appena arrivati al settore del campo riservato al nostro squadrone……,
un forte scoppio……e vedemmo due aerei precipitare al suolo
, circa cinque miglia più avanti. In seguito apprendemmo che si
trattava di due aerei del nostro squadrone. Allora mi ricordai gli occhi
spiritati di uno dei mitraglieri di bordo mentre, a colazione, veniva
salutato dall’altro mitragliere….. Nessuno dei due equipaggi
sopravvisse. Quel ragazzo aveva avuto una premonizione? Io sono sicuro
di si.”
Da “Sardinia” di Walter C. Becker,
riportato su “17th Bomb Group, Turner Publishing Company, Paducah,
Kentucky, pag. 51.
“Avevo molti compiti da
svolgere, ma ciò che realmente mi sconvolgeva era avere a che fare
con gli effetti personali di quelli che erano dati per morti o dispersi
durante una missione. Bisognava separare gli oggetti personali, che dovevano
essere spediti al parente più prossimo, da quelli che erano proprietà
dello stato e dovevano tornare nei magazzini. Così dovevo guardare
le foto, leggere le lettere ecc. E, per me, questo era un lavoro molto
snervante. La lettura di quelle lettere personali, le foto delle (ignare)
vedove sorridenti e di magnifici piccoli bambini, cominciò a crearmi
problemi. Fui travolto dalla tristezza e cominciai a bere sempre di più……
Sembrava poi che alcuni avessero come una sorta di premonizione e prima
di partire per una missione, passavano in fureria con la lista dei loro
beni e i nomi delle persone alle quali dovevano essere inviati. Questo
mi spezzava il cuore e tutte le lacrime che non potevo versare apertamente
mi assalivano dall’interno e dall’interno distruggevano tutto
il mio essere.
Vidi due aerei collidere al decollo: il terribile suono del metallo che
si contorceva contro il metallo, si incendiò nel mio cervello e,
bruciò il mio cuore . Io vidi i resti dei miei due compagni morti.
Il mio cuore in agonia gridò per il dolore. Questi uomini erano
la mia famiglia e ogni giorno di più erano colpiti dalla morte.
Il peso per me era sempre più insopportabile e cominciai a bere
sempre di più. Anche se non ero mai né ebbro né brillo……
…almeno una volta il mese eravamo tormentati da una tremenda ululante
tempesta di vento. A volte il vento soffiava così forte che il
cibo volava via nel breve tragitto dalla cucina alla mensa. Il vento era
freddo e ti entrava fin dentro le ossa. Depressione e cattivo umore, generalmente
si accompagnavano a queste tempeste di vento.
(da: …IN THE CESSPOOL OF POWER –
The autobiografy of Frank P. Carnese, di Frank. P. Carnese e Rosalie Tornello,
a spese dell’autore, pag. 93-94)
“Il vento che è un
avvenimento mensile della durata di qualche giorno è arrivato di
nuovo facendo del suo meglio per far volare via la tenda e gelare le nostre
ossa ……L’unica consolazione è che la tempesta
di vento dura generalmente 3 giorni e poi ritorna la calma.”
(Thunerbird****
“Il soggetto delle conversazioni
a conforto di nessuno e a divertimento di pochi- è stato lo scherzo
di Jupe Pluvius (Iupiter Pluvius,Giove Pluvio) , che la notte scorse si
è manifestato senza reticenze. L’unico pacifico rigagnolo
che divide l’area del nostro accampamento si è improvvisamente
trasformato in un fiume furibondo e una certa quantità di tende
ha cominciato a imbarcare acqua. Una tenda piramidale condivisa da Selby,
Dervacter, ,Kachmer, Etchoe e Glass era la scena di una piccola commedia,
dal momento che l’acqua faceva un mulinello e gli zaini fluttuavano
in un giocondo abbandono.
FOTO Evers
Nessuna missione, la pista è completamente allagata”.
(Thunderbird, 15 dicembre 1943
“La notte passata siamo riusciti
ad appisolarci solo saltuariamente a causa del vento che sembrava spinto
da quaranta demoni. La fusoliera di un B-26 rottamato è stata scaraventata
attraverso il campo per più di un quarto di miglio.
Alcuni uomini della contraerea sono riusciti ad assicurarlo saldamente
all’argano di un camion da due tonnellate e mezzo.”
(51st service squadron, 9 febbraio 1944)
Le condizioni meteorologiche avverse molto spesso impedivano agli aerei di volare e, per lo stesso motivo anche le attività a terra erano ridotte al minimo. L’inverno 1943-44 fu molto rigido , molto piovoso e con forti venti di maestrale. Gli uomini aspettavano che il tempo migliorasse per poter riprendere i voli e la normale vita nell’ accampamento.
“A causa della pioggia nessuna
attività né in aria né a terra. Gli uomini stanno
nelle loro tende a rosicchiarsi le unghie, in attesa che il tempo migliori
e che il campo di volo si asciughi in modo da poter riprendere a portare
i saluti al Fuhrer.”
(Thunderbird, 16 dicembre)
Comunque, a dispetto della pioggia, del freddo, della coltre di nuvole,
dei forti venti, della malaria, dell’epatite infettiva che costrinse
dozzine di uomini in ospedale, in dicembre furono fatte quattordici incursioni.
L’epatite epidemica cominciò a Sedrata e continuò
a Villacidro. Era la causa principale per la quale gli uomini erano costretti
a terra.
Per settimane gli uomini soffrivano di nausea, vomiti, mal di stomaco,
malessere generale, mal di testa, febbre e itterizia. Secondo William
D. Baird del 34° squadrone (che tornato negli USA, si laureò
in medicina) a quel tempo nessuno sapeva realmente quale fosse il male:
“ci sbattevano in ospedale
e ci trattavano con enorme negligenza sino a che i sintomi si calmavano
e, quindi, ci mandavano di nuovo a fare il nostro lavoro.” ….
…A villacidro, con l’arrivo della stagione calda , aumentò
la richiesta di Atabrine e di zanzariere. La Sardegna era piena di zanzare
anofele portatrici di malaria e una certo numero di noi era già
stato ospedalizzato a causa della malaria.”
Testimonianza riportata su: “17 Bomb Group,
, Turner Publishing Company, Paducah, Kentucky, pag. 20 – 22)
“Per combattere la malaria,
già da quando eravamo in Nord Africa venivamo curati con Atabrine
che aveva due effetti collaterali: rendeva la pelle gialla e, almeno ad
alcuni, provocava tremendi attacchi di diarrea……Furono uccisi
più uomini dalla diarrea che dal nemico……Io fui ospedalizzato
tre volte. ……Durante il mio soggiorno a Villacidro fui costretto
in ospedale dal 31 agosto all’11 settembre del 1944, con una diagnosi
di diarrea acuta, tossica, indeterminata.
(da: …IN THE CESSPOOL OF POWER –
The autobiografy of Frank P. Carnese, di Frank. P. Carnese e Rosalie Tornello,
a spese dell’autore, pag. 93-94)
Dopo le difficoltà dei primi mesi questa piccola comunità
americana, che poi tanto piccola non era dal momento che in certi periodi
sfiorò i 2.000 abitanti, iniziò ad avere una vita quasi
normale.
Molti, incuranti che i terreni certamente avevano un loro legittimo proprietario,
si erano fatte costruire le loro casette e avevano abbandonato le tende.
Nel mentre la macchina organizzativa delle truppe USA marciava a pieno
ritmo e i collegamenti con gli Stati Uniti erano,ormai, soddisfacenti.
Gli aerei scaricavano con una certa frequenza i sacchi della posta e altrettanti
ne partivano da Gutturu ‘e Forru.
Per quanto riguarda il cibo, i disagi dei primi tempi, quando la dieta
era a base di gallette e scatolame, erano ormai un brutto ricordo. I pasti
venivano preparati in una cucina moderna nei pressi delle mense e si mangiava
“carne fresca a ogni pasto.
L’uso del burro rendeva, poi, il cibo più saporito”.
(Thunderbird, 11 febbraio 1944)
Per conservare i cibi deperibili era stata costruita una cantina interrata
e ben coibentata.
Gli americani, al posto della gavetta, usavano il mess kit, che non era
altro che un piatto multiscomparti in metallo.
Per i lavaggio di questi mess kit, gli uomini del 51st Service Squadron
avevano messo a punto un ingegnoso apparato, con materiale di recupero,
costituito da alcuni fusti per il carburante messi in serie.
“oggi è stato installato
un ingegnoso macchinario per lavare i mess kit, le pentole e le casseruole.
L’aggeggio è un’opera d’arte di saldatura, è
diviso in quattro scomparti ed è completo di un’unità
di riscaldamento dell’acqua e di un’unità di scarico.
Quets’apparecchiatura renderà superflui i quattro fornelli
usati in precedenza.
(Thunderbird, 10 gennaio 1944)
La paga arrivava regolarmente una volta il mese e il giorno di paga il locale della mensa e varie tende o abitazioni si trasformavano in vere bische dove in poche ore poteva volatilizzarsi anche l’intero stipendio.
“Il giorno di paga era un
grande evento. Non si era ancora iniziato a distribuire i soldi che già
la mensa truppa si trasformava in una bisca. I ragazzi giocavano a blackjack,
pinnacolo, poker, e qualsiasi altro gioco possibile e immaginabile. Si
giocava per soldi anche a scacchi.”
(da: …IN THE CESSPOOL OF POWER –
The autobiografy of Frank P. Carnese, di Frank. P. Carnese e Rosalie Tornello,
a spese dell’autore, pag. 54)
Chi voleva poteva mandare soldi alla famiglia rimasta a casa sfruttando
il servizio di vaglia gestito dall’ufficio dello squadrone.
I soldi servivano anche per acquistare le razioni che ogni dieci, quindici
giorni arrivavano allo spaccio: sigarette, fiammiferi, dentifricio, coca
cola, dolciumi e, più raramente, birra o whisky.
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