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PERSONAGGI VILLACIDRESI

ANTONIO GIORRI
cantante (Villacidro 1934 - Sidney 1999)

Da ragazzo fu cantore nelle parrocchie del paese.

Antonio GiorriNel 1950 creò con gli amici un complessino musicale composto da chitarra, clarinetto, mandolino e fisarmonica, naturalmente lui era il cantante.
Fu prevalentemente autodidatta;
iniziò lo studio della musica, suonando chitarra, violino, pianoforte ed ebbe in seguito privatamente lezioni di canto con ottimi insegnanti.
Il suo repertorio spaziava da quello lirico a quello da camera e soprattutto a quello napoletano, arrivando anche a quello folcloristico sardo-campidanese.
Partecipò a diversi concorsi di canto nei teatri più importanti d' Italia, qualificandosi sempre tra i primi, tra i quali:
al teatro Reggio di Parma, al San Carlo di Napoli, al Comunale di Bologna, a quello di Trento, dove ricevette dal pubblico lusinghieri consensi e incoraggiamenti.

Anche lo scrittore Giuseppe Dessì, viste le sue doti canore, si interessò a lui e cercò di inserirlo in una tournée con Walter Chiari, presentandolo a vari impresari dello spettacolo. Poco consapevole, però, di quanto stavano facendo per lui ed essendo anche nostalgico della sua terra natia, abbandonò anche gli studi di canto e rientrò in Sardegna, lasciandosi sfuggire la grande occasione della sua vita.
In seguito, la Rai Radio Sardegna gli riservò circa un'ora di programma radiofonico tutto suo, intitolato Passerella Isolana.

Incise circa 10 dischi di canzoni italiane, napoletane e sarde, tra le più note:
Bonaria, Sogni di Sabbia, Piscatore 'e Pusilleco, Torna a Surriento, O Sole Mio,
nell'esecuzione magistrale dei brani, riscuoteva sempre calorosi applausi;
ricordiamo particolarmente le canzoni: Granada, Mamma,
fra le canzoni sarde:
Antonio Giorri  e il gruppo parrocchiale in occasione della recita Tziu Paddori Fra Ignaziu Bellu, Su disigiu,Gòggius de Sardegna, Mai a mari fess 'andau, Su trallaleru, Preziosa e bella, Su ballu de Pepedda, Ninna Nanna.

Nel suo repertorio vi erano pure arie d'opera come:
Una furtiva lacrima (Elisir d'amore), la Donna Immobile (Rigoletto), Dei miei bollenti spiriti (Traviata), Cielo e mar (Gioconda).
Le riviste come Sorrisi e Canzoni e L'unione Sarda dedicarono a lui alcuni articoli.
Nel 1969 emigrò in Australia dove proseguì la sua attività di cantante per altri 30 anni facendosi apprezzare, oltre che per le sue doti canore, anche per le sue qualità umane.
Infine, nel 1999, colpito da infarto, morì;
quando la salma fu traslata al proprio paese, venne accolta con grande cordoglio da tutti i concittadini.
Ancora oggi viene ricordato con scritti e poesie.

ANTONIO GIORRI UNA VITA SPESA PER IL CANTO

Raccontava la mamma Annetta che fin da piccolo, quando ancora frequentava la scuola materna, si
svegliava la notte e cantava le canzoncine imparate durante il giorno.
Nei suoi primi disegni rappresentava soprattutto strumenti musicali e diversamente da come di solito facevano i bambini della sua età.

Durante il periodo bellico, nella locanda paterna nota come S'Osteria, i soldati che la frequentavano mettevano Antonio al centro dell'attenzione facendolo cantare, divenne presto la loro mascotte.
Crescendo, con gli spiccioli che riuscì a procurare comprò diversi strumenti… che apprese a suonare bene.

Voglioso di imparare a suonare sempre nuovi strumenti, pensò pure al pianoforte, che inizialmente non poté comprare, così disegnò su un vecchio tavolino la tastiera e si esercitò su quella, fino a quando un giorno il parroco gli regalò un vecchio pianoforte della chiesa che lui smontò, riparò, rimise a nuovo, suonò.

 

RICORDANDO ANTONIO

Come quel sole rosso all'orizzonte,
lontano e remoto, ora mi appari,
per quel sole tu cantavi nei tramonti,
poi dietro ai monti, anche tu scompari.

Rammentò ancor il tuo canto appassionato,
li sotto casa nel portale antico,
per noi bambini eri come un mito,
e per i vecchi un figlio tanto amato.

Sotto la luce, tenue dei lampioni,
stringevi forte al cuor la tua chitarra,
con fervore cantavi le canzoni,
uno stuolo d'amici t'acclamava.

Le donne con le brocche alla fontana,
in fila, attendevano all'osteria,
quando con voce forte intonavi "Granada",
qualcuna interrompeva l'Ave Maria.

Erano i tempi degli eterni amori,
di frasi dolci, scritte o sussurrate,
di serenate e mazzolin di fiori,
di baci furtivi a donne innamorate.

Con il canto del gallo ti svegliavi,
l'alba t' accompagnava alla campagna,
per trarre il pane dalla dura terra,
sognando una vita meno severa.

Così volasti, con gli uccelli oltre il mare,
verso la grande Australia misteriosa,
con la chitarra e il sole per scaldare
La tua giovane vita vigorosa.

Tua madre attendeva, prigioniera
del suo sogno, nel gran dolore,
tornavano le rondini a primavera,
tu non tornavi, eri una chimera.

Poi ci furono tante primavere,
il mandorlo tornava a rifiorire,
l'usignolo cantava tutte le sere,
per non veder tua madre, ancor soffrire.

Ma nel suo patire, era forte nella fede
così il Signore entrò dalla sua porta,
si guardò intorno, mancava solo un fiore,
per riabbraciar ancor l'ultima volta.

Il sogno si risvegliò dopo trent' anni,
tra il profumo di gigli e di lillà,
ma il cuore ti tradì, per troppi affanni
si fermò, nell'azzurro dell'immensità.

In quell'immensità dove vibra l'amore,
il tuo spirito, giubila con il creato.
Ora canti, all'infinito con più ardore,
per Dio, nel cielo limpido e stellato.

Irene Murgia

UNA CHITARRA
(ad Antonio Giorri)

Sei tornato così, muto volando
da una terra lontana che nel sogno
immaginiamo appena, sconosciuta;
agli ultimi confini della TERRA.

Sei andato via svanendo come nuvola
sulla scia di una voce che lodava
con la chiarezza degli accenti tuoi
la vita in cui credevi, il tuo sognare,
l'amor che in fondo ti scaldava il cuore...

Sei andato via con la chitarra al collo
menestrello sull'ali del tuo vento
con tanta voglia di scoprire il mondo...
dite per niente abbiamo più saputo
fuori della tua cerchia, dei tuoi cari:
nessuno più dite ha parlato in giro.

Sei andato a zonzo con la tua chitarra
la vita, il sole, il cuore a Dio cantando
nella sognante giovinezza tua
solo cercando la tua stella arcana
nelle terre lontane del tuo sogno.

Abbiam pregato e pianto nel silenzio
davanti alle tue spoglie ricordando
la voce tua e gli occhi tuoi sognanti,
la tua bontà e il sorriso quieto e dolce.

Ma niente ci hai lasciato… nel silenzio
hai preso il volo verso l'infinito

a Dio donando i sogni, le ansie i palpiti
e a noi la tua chitarra, muta interprete
di quello che sei stato a noi lontano
nel vortice che tutti fa insanire
in una vita che ci fa morire...

solo hai cercato per le vie del mondo
il tuo sentiero e Dio non ti è mancato:
ne siamo certi!.., ce lo dice muta
la tua chitarra, voce dei tuoi sogni
e delle lodi che hai innalzato a Dio.

Salvator Angelo Spano

DISCOGRAFIA
Grazie al contributo di Santino Giorri, è possibile scaricare una raccolta di vecchie incisioni:

1. Presentazione della tappa di Villacidro del programma RAI Nuraghe d'Argento
2. Piscatore 'e Pusilleco
3. Torna a Surriento
4. Mamma
5. O Sole mio
6. Mamma Maria
7. Sogni di sabbia
8. Bonaria
9. Fra Ignaziu bellu
10. Su disigiu
11. Gocciu di Sardegna
12. Mai a mari fess'andau
13. Su trallaleru
14. Preziosa e bella
15. Su ballu de Pepedda
16. Ninna nanna

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