A cura di Dina Madau e della III-I Scuola Media Villacidro
Ai tempi di mia nonna durante il carnevale c'erano sempre due o tre giorni
di festa:
il giovedì grasso, il martedì grasso e la pentolaccia di
domenica.
Le giovani si vestivano con i costumi sardi, gli uomini si travestivano da pastori mettendosi un cappotto di pelle di agnello oppure travestendosi da donna o da fantasma.
A volte per non essere riconosciuti si dipingevano il volto con il carbone. Qualche anziano conferma quanto ci racconta G. Dessì sulla maschera tipica villacidrese, cioè quella del cacciatore.
Le persone si riunivano tutte in piazza Lavatoio, tra questi c'era chi suonava
la fisarmonica o l'organetto e con questi suoni incominciavano le danze sino
a tarda sera, quando finivano tutti andavano a mangiare le frittelle, preparate
dalle massaie che si alzavano al mattino presto per fare l'impasto e friggerle
all'aperto.
Le risate erano tante quando in piazza Frontera un gruppo di maschere organizzava
la scena dell'ammalato che viene "trasfuso" con una pompa di vino
proveniente direttamente dalla botte che stava su un carro trascinato dall'asino.
Altre scenette allegoriche venivano rappresentate in tutte le piazza del paese.
"A Carnevale ogni scherzo vale".
E' un tipico proverbio di questa festa.
I dolci tipici del Carnevale sono le chiacchiere, le frittelle, i fatti
fritti, insomma, tutte le fritture.
A Villacidro il Carnevale non si festeggia con maschere e carri, come in altri
paesi come San Gavino, Samassi e Sanluri, e non c'è neanche una maschera
tipica.
In altri paesi del circondario invece si costruiscono carri allegorici, ogni
carro si ispira a un personaggio, a una stagione o a un grande avvenimento.
Al seguito dei carri ci sono le maschere che animano la festa e, cantando
e ballando, distribuiscono dolciumi.
La domenica successiva c'è il "carnevalino" dove viene premiato
il carro più bello e dove, alla fine, si brucia il pupazzo.
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