Il Villacidrese

 

INCENDIO DEL 20-21 AGOSTO 2003 NELLA PINETA DI NARTI

 

Giovedì 21 agosto:
resoconto amaro di due giornate infauste

Dispiace occupare questo spazio per descrivere quello che più di una volta la maggior parte dei cittadini di Villacidro si sono augurati: non rivedere colonne di fumo levarsi dai nostri boschi. Invece è accaduto ancora, e stavolta con effetti persino peggiori: l'eredità dei nostri padri, dei nostri nonni, è il caso di dirlo, se ne va in malora pezzo dopo pezzo...

I primi bagliori sono notati verso le 3.00 del mattino del 20 agosto da chi non riesce a prender sonno per il caldo. Poi, di buon mattino si sono sentiti gli elicotteri fare la spola per rifornirsi d'acqua...

...intanto le fiamme si alzano a divorare i pini arsi da 5 mesi di sole rovente.

Intorno alle 9.00 giunge da Nord-Est un Canadair, forse dall'aeroporto di Olbia, se non da Ciampino; sorvola il teatro dell'incendio e poi si dirige ad Elmas per rifornirsi di acqua e liquido ritardante...

...e così è per quattro volte, con l'aereo che va e torna, e i cui lanci riescono ad attenuare la voracità delle fiamme...

...ma il fuoco, in tutte quelle ore, aveva già divorato almeno venti ettari di un giovane rimboschimento e macchia mediterranea, minacciando di attaccare in maniera irreparabile la parte più bella della pineta di Narti e addirittura il bosco di lecci.

Mentre il Canadair torna per la quinta volta, è dirottato altrove. Giunge dall'aeroporto di Fenosu (Oristano) un Helitanker che rapidamente si dirige sul lago di Monti Mannu per riempire le stive d'acqua.

Questi grossi elicotteri uniscono ad una notevole capacità di carico (9000 litri) una manovrabilità senz'altro superiore a quella dei Canadair (il cui serbatoio è capace di 5000 litri): grazie a queste doti e alla preparazione dei piloti, il loro contributo è sempre determinante per poter rapidamente circoscrivere il fronte del fuoco.

Alle 13.00 il grosso del lavoro di spegnimento sembra fatto e giunge l'ora delle squadre a terra per soffocare i focolai residui e iniziare l'opera di bonifica. Ma il maestrale, che soffia debolmente dal primo mattino, si rafforza, costringendo alcuni mezzi aerei minori a trattenersi fino a metà pomeriggio.

Sul far della sera, diverse colonne di fumo si levano ancora dai costoni anneriti di Cucureddu, e col buio sono visibili le fiammelle tremule dei ceppi che lentamente continuano a bruciare.

Ed infatti durante la notte il fuoco riprende vigore, continuando a divorare il sottobosco ed il tappetto di aghi di pino, acquistando nuova linfa ogni volta che incontra sulla sua strada vecchi tronchi secchi crollati a terra o alberi caduti per le fiamme delle ore precedenti. Così il lavoro di spegnimento riprende stamattina 21 agosto, con le squadre di uomini a terra ed un primo elicottero del Servizio Regionale Antincendio a buttar giù acqua a ripetizione.

Alle 8,30 interviene il Canadair: per 5 volte pesca il suo carico d'acqua nel mare della Costa Verde, portandosi rapidamente sul cielo di Cucureddu per lanciare il suo contributo di speranza allo spegnimento del rogo.

L'acqua mista al ritardante toglie respiro alle fiamme.
Alle 10.00 nuovo cambio della guardia: entra in scena l'Helitanker ad affiancare l'elicottero del Servizio Regionale, mentre l'aereo si ritira. Dopo un fugace rientro ad Elmas, lo si rivede poco più di un'ora dopo sulle nostre teste mentre corre a domare un incendio nella pineta di Guspini.

Quasi subito viene dirottato su Guspini anche l'elicottero minore, mentre l'Helitanker lavora fino alle 15.00 per aver ragione, con sufficiente sicurezza, sugli ultimi focolai.

Una vera corsa contro il tempo è quella di caricare il suo ventre nel lago di Monti Mannu, correre velocemente a versare quelle migliaia di litri d'acqua, nel tentativo di strappare al fuoco nuove vittime fra gli alberi della bella pineta oltraggiata.

Al mattino del terzo giorno così appare il versante meridionale di Cucureddu: benché solo la parte superiore della collina porti i segni del fuoco, esso ha percorso quasi tutta la superficie nascosta dai pini della metà inferiore, per un totale stimabile in almeno 40 ettari.

Fin qui la cronaca. E' logico, dopo questi fatti, chiedersi chi e perché abbia interesse a creare distruzione: le ipotesi sicuramente si sprecheranno, ciascuno è convinto di poter indovinare i motivi e gli attori della tragedia. In questa sede non si vuole entrare nel merito di tutto ciò, ma, come abbiamo sottolineato in altra occasione, il fuoco è stato ancora una volta appiccato in una zona ben definita: perché? Siamo convinti che c'è chi può dare risposte, anche se dubitiamo che lo farà...

Per finire, un auspicio.
Chiacchierando con gli anziani, si vengono a sapere diverse cose, molto utili anche per i nostri giorni se si avesse l'umiltà di seguirne i suggerimenti: quando a spegnere gli incendi si andava armati di roncola e zappa, non c'erano ancora autobotti a terra (che purtroppo sembrano non esistere più neppure ora, vista comunque l'impossibilità per questi mezzi di accedere ai luoghi impervi non serviti da strade) e tantomeno elicotteri o aerei che facessero piovere dal cielo. Eppure spesso si riusciva a contenere l'avanzata del fuoco altrettanto efficacemente: grazie ad un lavoro di squadra, si creava una fascia priva di vegetazione, una vera e propria strada, senza abbattere alberi ma solo ripulendo il fondo fino a lasciare un tappetto di polvere, che circondasse la zona incendiata impedendo un' eventuale avanzata o ripresa del fuoco. Il tutto era di allarmante semplicità, poiché alcuni uomini aprivano la pista con un lavoro sommario, gli altri seguivano ripulendo a fondo la fascia creata. Tutto questo lo si faceva spesso durante la notte, per mettere in sicurezza l'area incendiata. Forse sarebbe il caso di perdere qualche attimo del nostro oltremodo prezioso tempo per riappropriarci di tecniche e saperi la cui applicazione andrebbe solo a vantaggio di tutti.

Un sentito ringraziamento agli uomini dell'antincendio, e in modo particolare ai volontari che hanno prestato gratuitamente la loro opera.

monte.bianco

 

 

 

 

 

 

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